
In questo romanzo storico vediamo il vecchio Leif raccontare alla nipotina la propria vita e le proprie avventure a cavallo tra X e XI secolo. Sebbene il racconto si svolga a Costantinopoli, l’ambientazione da cui prendono le mosse le vicende è quella dei territori norreni.
Non stupisce, allora, che il giovane Leif abbia il sogno di diventare un vichingo, sebbene le Norne, abbiano altro in serbo per lui. Attraverso alcune visioni gli Aesir, gli dei del suo popolo, gli dimostrano la loro predilezione, che gli permetteranno di conoscere in anticipo prosperità e sventure, senza aver modo di intervenire.
Nella sua vita sarà perciò molte cose: guerriero, sacerdote, mercante, come suo padre, vendicatore, esploratore, capo di una comunità; vivrà avventure in compagnia dei suoi fratelli di sangue, battaglie, scoperte, vendette, grandi glorie e insopportabili lutti.
Un racconto pieno e dettagliato fin nei minimi particolari, in cui è riconoscibile la competenza dell’autore derivante da uno studio approfondito sulla materia, che porta a una descrizione coerente e minuziosa degli usi, costumi, cultura e mentalità dei popoli a cui appartengono gli attori della storia. La resa immaginifica di questa descrizione è perciò appagante e capace di suscitare un interesse parallelo a quello della narrazione.
Ho trovato molto coraggiosa la scelta di unire riferimenti e spiegazioni puntuali di contorno a un filo narrativo tendenzialmente avventuroso. Il rischio di cadere nel nozionismo è alto, anche se in queste pagine ce ne accorgiamo solo in pochi punti, ma la cornice dialogica del racconto generazionale e culturalmente distante, attenua senza sforzi buona parte delle asperità.
Proprio questo escamotage detta il ritmo del libro: non quello incalzante e selvaggio che ci aspetteremmo da una visione in presa diretta delle avventure di uomini di personaggi d’azione, ma quella posata e riflessiva del ricordo e, per l’appunto, del racconto familiare.
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