Come la neve non fa rumore, di Lorella Marini

Abbiamo di fronte un giallo atipico, in cui il mistero è come possano passare inosservate situazioni personali, familiari e comunitarie disfunzionali e disagiate, senza che nessuno sia mosso a compassione, senza che nessuno porga una mano.
Basato sulle procedure legali che seguono l’evidente suicidio di una ragazza in gita scolastica, in cui movente, assassino e arma del delitto coincidono nella solitudine umana e nel vuoto che si lascia dietro scavando dentro ognuno di noi.
Non spoilero nulla se vi dico che le cose sono esattamente come sembrano e proprio in questo risiede buona parte del pathos di questa storia di bullismo, di crescita e di identificazione; l’orrore e lo sconcerto di scoprire quello che in realtà è sempre stato davanti a gli occhi di tutti: che a volte non siamo abbastanza forti, e si muore; che a volte siamo troppo egoisti, e si uccide.
Fuori dalla banale logica del lupo travestito da agnello o, retoricamente ancora più banale, del branco, in questo testo la “cattiveria”, e uso apposta le virgolette, la cattiveria che si annida nei giovani predatori che emergono in presenza di un elemento debole nella comunità, coincide con la ricerca del senso e dei limiti delle proprie azioni e della propria stessa esistenza, la ricerca di una propria forma nel mondo che si delinea per sottrazione, per differenza, tra coloro che soffrono e coloro che fanno soffrire.
Una storia sconcertante nella sua linearità, commentata punto per punto dalle azioni, dalle parole e dai pensieri della protagonista, la commissaria chiamata a indagare sul caso, che si muove tra personaggi dotati di concretezza e autonomia, in un ambiente quotidiano, prossimale, quasi domestico, per cercare dietro le facciate una verità da cui però, come spesso accade nella realtà di cui siamo testimoni, non si genera alcuna giustizia, nessun riscatto, neanche vendetta, e il solo scopo di un dolore così acuto da risultare inudibile, pare essere la speranza che la lezione patita sulla pelle degli altri possa trasfigurare il carnefice in missionario, una flebile nota di redenzione in un mondo in cui quando cade, la neve non fa rumore.

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