
Da ché mi contempla
su un tavolo instabile
quell’altro me stesso
nel vetro ricurvo
contiene già in sé
pietà e potenziale
d’appena un migliaio
di schegge affilate
Vorrei che esplodesse
così il mio dolore
da due o quattro soldi
spargendosi in giro
perché finché è muto
fa male, ma invano
virtù a basso costo
pagata una vita
Sei qui, tu, da poco
eppure hai già messo
radici, legami
ed io come sempre
poggiato qui in bilico
ti guardo, sorrido
e dopo vacillo
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