
In tutti i dipinti, il Grande Astra è rappresentato come un specie di spirito rotondeggiante, con lo sguardo gioviale, ma un po’ distratto, e il sorriso benevolo incorniciato da due lunghi e sinuosi baffi grigi che gli scendono ai lati della bocca.
Quello che non tutti sanno è che non si tratta affatto di baffi.
La leggenda vuole che un giorno i ratti inviassero due loro ambasciatori dal Grande Astra a lamentarsi di una situazione a loro giudizio gravissima.
“Grande Astra, la situazione è gravissima!” dissero, infatti “Gli altri animali si rifiutano di dividere con noi il loro cibo”.
Il Grande Astra annuiva mentre aspettava che i due arrivassero al dunque, ma evidentemente ci erano già arrivati, perché se ne stavano immobili aspettando che dicesse loro qualcosa.
“Ehm… e perché gli altri animali non vogliono condividere il loro cibo con voi?” chiese alla fine.
“Perché dicono che non lavoriamo” risposero i ratti.
“E voi non potreste, che ne so, lavorare?” suggerì il Grande Astra.
I ratti sembrarono offesi del suggerimento e spiegarono le loro motivazioni.
“Se noi lavorassimo, la nostra bella coda si sciuperebbe”.
E in effetti, al tempo, i ratti rivaleggiavano in bellezza con le ferbelline argentate in virtù proprio della loro soffice e meravigliosa coda coperta da una pelliccia vaporosa e lucente.
“Non possiamo proprio correre nel bosco, arrampicarci sugli alberi o fare tutte quelle cose volgari che servono a procurarsi il cibo” precisarono i ratti “Mantenere la nostra coda così bella richiede l’impegno anche degli altri animali, ma non vogliono aiutarci. Tu che puoi, risolvi questa situazione”.
Il Grande Astra, che forse non aveva seguito bene il loro ragionamento, ma forse sì, acconsentì ad aiutarli.
“Contenti voi” disse, e gli spelò tutte le code.
I ratti se ne andarono infuriati, ma il grande Astra non ci badò, occupato a capire che cosa fare con quelle due lunghe strisce di pelliccia.
Decise di attaccarsele sotto il naso finché non gli fosse venuta un’idea, e se ne dimenticò.
Commenta