
Una raccolta che ha il coraggio di ispirare nuova vitalità nel filone weird, attraverso un rispettoso utilizzo di alcuni suoi stilemi classici.
La forma breve e lineare del racconto si struttura, quindi, ancora una volta in un linguaggio carico a livello lessicale, a tratti retorico; cifra stilistica di molti altri autori passati alla storia per aver trattato il tema dell’angoscia nella forma del grottesco e della rivelazione di terrori inconcepibili.
In questo libro, paure universali e irrazionali prendono forma nella mente e nei sensi dei personaggi, mai veramente protagonisti nelle sequenza narrative dove l’unico vero protagonista è l’orrore.
Quello che coglie impreparati i lettori al pari dei personaggi, sebbene ampiamente anticipato da presagi, è l’origine di questo orrore, che si rivela essere un’inconsapevole predisposizione al male in agguato nella notte più buia del nostro animo.
Perché altrimenti riusciremmo a comprendere i sussurri blasfemi dei torbidi spettri emotivi e mentali che popolano queste pagine?
Forti sono qui le suggestioni, le ombre e infine le presenze concrete dell’orrore incarnato, il male esterno e autocosciente con cui la nostra psiche (o forse anima) indifesa dialoga inconsciamente e di cui, nei suoi stralci di maggiore ricettività, è in balia.
Luoghi e persone sono piccoli nuclei isolati dalla nebbia dei loro eventi, delle loro esperienze, in una condizione ontologica di smarrimento e solitudine.
Viviamo assieme ai personaggi l’acquisizione della consapevolezza delle alienità sperimentate; ce lo dicono, quasi fosse un ultimo tentativo di dare sfogo umano agli incubi che sono a un passo da vincere l’assedio della loro sanità mentale
Ma non si tratta solo di confessioni, è un passaggio di consegne che vuole rendere il lettore titolare di quel bastione morale sul punto di crollargli addosso.
Un gioco crudele che inevitabilmente procede tra claustrofobia e curiosità morbosa.
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