
I ganasci sono delle bestie proprio strane. In qualsiasi terra tu vada, troverai dei ganasci della stessa specie.
Esistono diversi tipi di vernacchie, grandi o piccole, bianche o nere, tutte simili tra loro, ma di specie diverse, che si accoppiano solo tra loro e fanno pulcini simili a loro.
I ganasci no. Ne esiste una specie sola, ma di molti colori e dimensioni.
Il colore del pelo che li ricopre, secondo gli studiosi, è casuale; giallo, blu, verde, rosso e così via, senza che il colore dei loro genitori c’entri nulla. Le dimensioni, invece, sempre per gli studiosi, pare proprio che se le scelgono, cioè un ganascio smette di crescere quando lo decide e solo allora.
Non a caso si dice “testardo come un ganascio”.
Si racconta, infatti, che una volta un ricco tizio chiese a un contadino se poteva vendergli il suo ganascio, perché era tra i più grossi e belli che avesse mai visto, ed era azzurro come il cielo.
Il contadino disse di no, perché ci era molto affezionato, ma poteva vendergli il figlio per cento monete.
Avute le monete, il contadino portò al ricco il figlio del suo ganascio, che però era piccolo e marrone come il fango.
Il ricco si infuriò molto, ma il contadino non ne volle sapere di ridargli le monete, allora tornò con un gendarme.
“Truffatore!” gridò “Sei stato iscritto nel libro degli accusati! Devi presentarti dal giudice!”
Con molta tranquillità, il contadino andò dal giudice e disse: “Credo che abbiate sbagliato a scrivere il nome nel libro degli accusati, posso vederlo?”
Il gendarme gli diede il libro, lui lo chiuse e lo mise tra le fauci del suo ganascio e concluse: “Non sono io, vi siete sbagliati.”
“C’è scritto proprio il tuo nome!” protestò il ricco.
Ma il contadino ribatté: “Il giudice può controllare. Se non è come dico, sono pronto a subire il mio castigo”.
Conoscendo la testardagine dei ganasci, il giudice emise la sua sentenza.
“Lasciamo stare” disse “Portatemi un altro libro e tu” rivolto al ricco “smettila di impicciarti dei ganasci degli altri”.
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