
“Ho ancora poesie
da far camminare”
Le poesie camminano, in questa silloge, partono, si guardano attorno, si incantano e si perdono, ma alla fine arrivano al destinatario a cui erano rivolte. Mantengono così la promessa di un incontro, che è innanzi tutto verbale e che si fa fisico e sensuale nel ricordo e nel desiderio espresso per iscritto nei versi.
Si tratta di poesie d’amore, quindi, attraverso le quali il lettore scopre, accompagnato dal sentimento, l’occasione di una profonda riflessione, che non è solo quella dell’autore, ma è la propria, ritrovata quasi inconsciamente sulle strutture strofiche aperte delle singole liriche e sulla linea di coerenza appena suggerita dell’intera raccolta.
Lo switch tra fruizione esterna e immedesimazione poetica avviene quando si scopre che l’oggetto delle relazioni cantate nelle liriche è un riflesso di sé stessi, allora le sensazioni descritte nella loro nudità empirica si fanno similitudini di uno stato interiore e gli elementi naturali descritti circoscrivono il paesaggio vissuto da un’anima che diventa poco a poco consapevole della propria erraticità e mutevolezza.
In questo ribaltamento di prospettiva, la poesia si apre a un’attrazione mediata, in cui le emozioni sensibili sono appigli verso un universale inconscio che è luce sul sentiero delle parole e turbamento e ispirazione.
La scrittura è caratterizzata da un’alternanza di proposizioni e chiarimenti, che induce un ritmo quasi ipnagogico nella lettura, in cui i versi più concisi, una parola, sono reiterativi di una visione simultanea dell’oggetto, diverse determinazione suscitate dalla medesima interazione dei sensi.
Senza fare una disamina completa è possibile individuare nell’anteposizione dell’attributo una cifra stilista ottimale a rendere l’idea della preminenza delle sensazioni rispetto ai loro fattori scatenanti, di cui viene riconosciuto l’apporto metaforico in funzione della loro intensità e qualità.
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