
Da lettore mi sono trovato a disposizione una piacevole serie di piccoli approfondimenti, impostati tra il capitolo di ricerca e l’articolo di giornale, che indagano aspetti singoli della figura di Campanile, ma nell’insieme coerenti, alla luce soprattutto dell’analisi congiunta dei suoi scritti e del suo essere scrittore, visti dalla lente delle abitudini, delle concezioni e dei canali attuali di relazione e di socializzazione del mezzo scritto.
Viene svelata poco per volta l’”officina” di Campanile. I temi, le fonti, i metodi, ma anche la storia personale, l’affettività, le amicizie, le passioni dell’uomo dietro la penna.
La vita, insomma. Ricordata anche da un contributo firmato dal figlio stesso dello scrittore.
Tra umorismo concreto e genio letterario, si evince, qui, il modello di un legame studiato e pensato tra significato e significante nella singola parola e nella costruzione fraseologica, soprattutto nel dialogo, che attraverso le pagine è dialogo con la persona dall’altra parte.
Nato nel 1899, ha l’esperienza di due grandi guerre, che gli consentirà di portare a livelli altissimi, in un linguaggio quotidiano, riflessioni sulla società e sulle figure sociali, concretizzando alcune immagini universali il cui senso viene troppe volte richiamato a sproposito.
La caratterizzazione culturale che ne emerge da questo libro è quella di un artista poliedrico. Giornale, teatro, narrativa, cinema. Linguaggi diversi che gli consentono di insinuarsi con le sue opere nell’inconscio dell’immaginario collettivo e lì attingere e seminare; non solo attraverso i paradossi aneddotici in cui coinvolge i grandi della letteratura che l’hanno preceduto, ma soprattutto attraverso un’evidenza scritta del del suo ruolo e dell’effetto delle sue azioni scritte, tra cui la risata e la riflessione, un connubio che portano il segno di una scrittura sentita e proposta come un atto di coraggio nella forma e nei contenuti.
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