La ragazza ultrà, di Angelo Dolce

“Un povero popolo abbandonato che urla e si dispera, razzista e fraterno, scombussolato dall’anarchia dei nostri potenti senza ideali e castelli da decorare.”

La vita come metafora calcistica.
Non ho sbagliato a scrivere, è proprio l’inevitabile saggezza che sembra emergere tra le pagine di questo divertente libro, che parla di…
Ecco, questo è un problema, perché la storia scorre con una fluidità e una linearità tali che ci accostiamo senza quasi accorgercene alla giovane protagonista, Vittoria, e alla sua scalata nella curva e nella società, seguiamo i suoi progetti, le sue afflizioni, i suoi piani, i suoi dubbi, come se stessimo guardando il filmino delle vacanze sapendo che arriverà un passaggio esilarante o commovente.
Quindi è un libro che parla di calcio? Difficile negarlo.
E di politica? Anche, certo.
Di amicizia? Forse, in un certo senso.
E di questo si tratta, un passaggio a volo radente su qualche mese della vita di una ragazza e della città in cui vive, delle contraddizioni che subisce e che vive e del suo tentativo di essere coerente con i propri obiettivi, a costo di essere disonesta con tutto il mondo.
Non è solo una storia individuale, però, anzi, è una storia di gruppo, la storia di un gruppo che, alla fine, si identifica nella ragazza ultrà pur senza cambiare di una virgola nella sostanza.
E allora forse è la storia di una ragazza che, alla fine, si identifica in un gruppo, senza cambiare però di una virgola, acquisendo in compenso l’esperienza per riuscire a non identificarsi più in nessuna maglia se non quella che decide di indossare lei stessa.
Lo stile leggero e pesante alla bisogna, cambia di tono e di volume senza mai perdere di vista il messaggio, come un coro da stadio, e riesce a trattare con spontaneità di ambizioni, di giustizia, di relazioni, di cultura, di arte (esattamente), di relazioni, di appartenenza, di identità e altro ancora.
Tutte cose che, a ben vedere, riguardano molti i passaggi importanti e meno importanti che caratterizzano la nostra vita.
E quindi “Una di noi! Vittoria, una di noi!”

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