La vita semplice, di Alessandro Gnani

La vita semplice. Un ossimoro di fatto che dovrebbe mettere in guardia sulle illusioni teoriche.
Allora forse un memento, un invito alla riflessione, perché semplice, come normale, sono aggettivi banali solo se li riconduciamo alla nostra esperienza univoca, ma l’esperienza li vuole figli dell’assoluta relatività.
In questo romanzo si dipana uno spaccato della vita di una famiglia come tante: moglie, marito, figlio, cane. Alberto, il figlio, è portatore di handicap, il che rende la vita dei genitori tutt’altro che semplice e comunque lontana dalle loro diverse concezioni di semplicità e di normalità.
Si passa senza soluzione di continuità narrativa dalla prospettiva di lei a quella di lui, passando attraverso i pensieri di Alberto, incorporati nella narrazione, con momenti alterni di divergenza e di complicità.
I capitoli brevi, sia autoconclusivi, sia sospesi, consentono un efficace lavoro di “post-produzione” sulle scene generate nella testa del lettore, soprattutto sui dubbi.
Primo fra tutti, proprio “che cos’è una vita semplice?”
Dai pochi momenti in cui la locuzione viene usata, sembra che debba essere vista come un susseguirsi di fatti senza che da essi scaturisca una riflessione.
La vita semplice consiste nel non chiedersi mai il perché delle cose. Come, dove, chi, quando, ma mai il perché, l’eterna adolescenza dove se si fa male a qualcuno è sempre involontariamente, dove la colpa dei propri errori è sempre di altri.
La vita però non è semplice, nel libro, che è specchio di tutti nelle loro grandezze e nelle loro miserie, le lezioni più dure le impariamo sulla pelle degli altri e le leggiamo nei solchi tracciati dalle loro lacrime, perché siamo tutti indifesi dalle aggressioni di chi amiamo.
Alcune volte, un handicap rende solo più evidente una realtà valida per chiunque.
Fare del bene, fare del male agli altri. Non è una gara morale, eppure sembra profilarsi a ogni nuovo orizzonte come la serie infinita e immotivata di traguardi che separano una vita semplice da una vita complessa e complicata, una vita egoista, basata solo sul soddisfacimento dei propri bisogni, via sia sempre più secondari, da una vita in cui l’inter-relazione umana è bisogno primario.
Per Alberto la vita sembra davvero semplice: se è triste piange, se è felice ride, se ha paura urla, se vuole una cosa la pretende, se non la vuole diventa inamovibile.
Un personaggio handicappato, con problemi di espressione e, solo in alcuni casi, di interpretazione del vissuto, mette in luce come il dialogo e la reciproca comprensione tra le persone cosiddette “normali” sia altrettanto difficile e possa essere frutto solo di un lavoro volontario e quotidiano.

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