
Hai immerso le mani nel liquame
d’un cadavere decomposto
e le hai portate alla bocca.
Ogni volta che la morte ti tocca
trovi un sentimento mal riposto
dove soffrire la tua fame,
da solo, consumi quei banchetti
in cui l’anima si pasce,
nel silenzio della disgrazia,
l’anima bulimica si sazia,
al rumore osceno di ganasce,
ti ingozzi, soffochi e rimetti.
Ma quando la fame ti assale,
torni a quel cadavere inerme,
ti inginocchi e lo divori,
per buttare ancora tutto fuori
e ficcarci il muso come un verme,
una mosca alla stato larvale.
Rodi, spinto dal tuo basso addome,
una fame insaziabile, che sembra
non dare scandalo agli assenti.
Quel corpo, per celarne i lineamenti
continui a divorarne le membra,
finché qualcuno non dica il suo nome.
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