
Ho letto “La dimensione del sogno”.
Ieri, sul treno, mentre tornavo a casa da lavoro. Il contesto può sembrare indifferente e invece, nel corso di quel quotidiano spaccato di vita, mi sono trovato catapultato in un’altra vita, quella dell’autrice, e di nessun altro.
Si definisce pazza e leggendo ho capito perché. Ogni poesia è un quadro astratto in cui si aggirano personaggi fin troppo reali, parenti, amici, animali, scrittori famosi, lei, tu che leggi.
Tutti fantasmi letterari in qualche modo persi e prigionieri nella bidimensionalità del ritratto lirico, che, con lo scorrere delle pagine, da ritratto diventa lastra fotografica traslucida e semitrasparente da cui filtra e trapela l’immagine sottostante, le immagini sottostanti, le tante poesie, i tanti racconti umani che si stratificano in questa silloge capace di strapparti, chiudendo la quarta di copertina, un sorriso malinconico, lo stesso di quando arrivati alla propria stazione si saluta una conoscente occasionale che quel giorno ha reso interessante un banale viaggio di rientro.
Commenta