Ho trovato un luogo gentile
su di un’aspra montagna,
tra le tormente di neve.
Nel tepore di aprile
un ruscello lo bagna
e il vento spira lieve
tra macerie antiche,
foriero di una fine
prima del presente.
Vedo la mia psiche
vagar tra le rovine
di un’umanità silente
verso l’alba scultura
d’un uomo senza aspetto
con gli occhi cavi
e di una donna scura
cinta al suo petto,
ambedue schiavi
di mancati conforti,
del non poter dire
“son qui con te, amore”.
Statue, corpi morti,
che non cessan di soffrire
nell’abitudine al dolore.
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