La paura clemente
di perderti di nuovo,
come quando non c’eri,
come quando ero niente,
è il nido, il covo
dei miei corvi neri:
Frygt ed Erindring, timore e ricordo,
che io stesso chiusi un tempo nell’oblio
fingendo d’esser solamente mio.
Da allora vivo sul bordo
di una riva del fiume Follia,
che eternamente scorre senza sbocchi
sotto l’egida di uno sguardo torvo
che mi osserva da una vecchia stia.
Una vita spesa in balia degli occhi
di vetro e di ossidiana di un corvo.
Oggi la gabbia si è riaperta
liberando i suoi cupi prigionieri
e io sono precipitato a ieri:
nessuna verità è più certa.
I corvi volano infuriati
spargendo in aria nerame di piume,
beccano il sole, ne rodono i margini,
crudeli e voraci, i miei spettri alati
vomitano l’imbrunire e il fiume
è a rischio di rompere gli argini.
Le mie speranze sono solo abusi.
senza te, tremori dell’ego, senza.
Mostrati, usami ancora clemenza
così che i miei corvi siano rinchiusi.
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