Il mio posto accanto a loro

Anche oggi sono sul treno che mi porta a Roma e, botta di culo, anche oggi ho trovato posto a sedere nonostante il treno sia con mezz’ora di ritardo e sia imbottito di gente a livelli assurdi. Sono seduto vicino a Leefah (scrittura di fantasia della pronuncia “lifa”, o qualcosa del genere…), un immigrato ganese che è venuto in Italia a fregarmi il posto finestrino… Che è un oltraggio non da poco perché io sul cestino sotto il finestrino ci appoggio il cellulare.
Forse il culo non c’entra, ma ci torno dopo.
È dal 1 gennaio che sono entrato con tutte le scarpe nel pantano del pendolarismo laziale. Quattro mesi in cui tutti i giorni prendo il treno che fa la tratta Cisterna-Roma, e benché le condizioni siano migliori di come le ricordavo una dozzina di anni fa, devo dire che non sempre il livello del viaggio raggiunge condizioni umane. La gente si muove, tanta gente, col sole, con la pioggia, alle 7 del mattino o alle 7 di sera, tanta gente, lo ripeto, e, come si dice, ammazza ammazza è tutta ‘na razza. Anzi no, le razze sono due: noi e loro.
Chi sono noi? Vabbè, dai, che ve lo dico a fare? Noi, no? Quelli fatti come noi. Volete che tra noi non ci riconosciamo? E che c***o, noi siamo noi.
Chi sono loro? È facile, quelli con la pelle scura, quelle col velo, quelli col cappellino da turco, quelli col vestito da arabo, quelle col pallino rosso in fronte ecc.
Insomma, loro è una categoria piuttosto variegata, accomunata però da una caratteristica, almeno dalla mia esperienza: il treno può pure sfasciarsi per quanto è pieno, ma un posticino accanto a uno di loro alla fine lo si trova sempre. Che ne so, un posto che la gente non vede, di cui si dimentica, boh.
Se poi loro sono in tre seduti vicini, un posto a sedere nello scompartimento da 4 lo trovi di sicuro.
Io mi reputo una persona pragmatica, a 35 anni ho una sciatica che mi fa bestemmiare in turco cipriota, per cui il viaggio, se posso, lo faccio seduto. Diciamo che anche volendo non posso permettermi di essere razz… distratto, e non vedere quel posto accanto a loro. E così me lo prendo.
Certo, alcuni di loro sono alti, hanno le gambe lunghe e non ti puoi fare i c***i loro perché parlano una lingua diversa, ma questo vale anche per i turisti svedesi, che non ho capito se rientrano tra i quasi-noi o tra i loro-ma-buoni (loro-ma-bone parlando delle svedesi).
Insomma non vi sto a dire che è un posto comodo, però lo sento un po’ mio, sarà che in quattro mesi, che fanno circa 150 viaggi, anche quando la situazione era veramente brutta, un posto accanto a loro l’ho sempre trovato.

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