Quattro. Sono 4 di numero i piccioni che ho contribuito a salvare da quando sono a Bologna. 5 volatili se contiamo anche il pulcino di rondone. 4 piccioni, dicevo. Il mio contributo è stato per lo più raccattarli storditi o moribondi da per terra, metterli in una scatola da scarpe, fare dei buchi sul coperchio della scatola con una matita e portare la scatola ripiena di piccione alla Lipu più vicina (i veri eroi della situazione).
Una volta neanche ho dovuto portarcelo di persona, il povero infermo. Sarà successo 7-8 anni fa. Lo avevo trovato di mattina presto e, mettendoci quasi mezz’ora di autobus a raggiungere i volontari, avevo previsto di andarci in pausa pranzo. Così avevo piazzato la scatola omologata nella stanzetta archivio dell’ufficio (lavoravo in un caf) con un cartello PICCIONE appiccicato sopra. Mi sembrava abbastanza esplicita, ma un collega, ritenendo evidentemente che una scatola da scarpe bucata non fosse un habitat consono per la povera bestia, aprì la scatola. “Pensavo fossero i documenti del signor Piccione” si giustificò in seguito. A ogni modo rimase così commosso dai miei intenti che si prese lui stesso l’onere del trasporto.
Questo ha un senso, senso di stupore intendo. D’altronde chi si sognerebbe mai di scomodarsi a salvare un piccione. Un piccione, capito? Quei mezzi polli che cagano dappertutto, zozzi, che cagano dappertutto, con le zampe deformi, che cagano dappertutto…
E in effetti a distanza di tempo me lo chiedo anch’io. Perché? Cioè, che senso ha salvare un piccione? Semmai i piccioni sono troppi, qualcuno in meno può solo fare comodo. La morte accidentale poi risolve da sola qualunque recrudescenza etica, tutto naturale.
Allora perché?
Gli uccelli non mi fanno impazzire, quindi non è simpatia. Cerco di essere vegetariano, ma non mi reputo un animalista. A senso civico sto messo un po’ come tutti, ma semmai suggerirebbe di buttare il piccione di cui sopra nel cestino (che lasciarlo agonizzante in strada comunque non sta bene).
Perché?
Poi oggi, dopo un finto temporale estivo, stavo camminando in una piazza VIII agosto quanto mai assolata, e ho avuto l’illuminazione.
Rispetto. Ho sempre salvato i piccioni per il profondo rispetto che provo nei loro confronti.
Pensate all’opera magistrale, assolutamente geniale che la natura opera nei nostri confronti tutti i giorni per tramite dei piccioni.
Condividiamo con loro lo stesso territorio, la città, non li conosciamo molto, non ci mettiamo mai a confronto con loro, li consideriamo scomodi coinquilini, eppure non perdono occasione di trasmetterci preziosi insegnamenti di vita.
Avete presente quelle lunghe spine di ferro che si mettono sui cornicioni o sui capitelli delle colonne per non farci andare i piccioni? Sì? I piccioni invece no, perché con una bontà d’animo esemplare hanno sempre pensato che l’uomo mettesse quegli aggeggi per proteggerli, per farceli nidificare tranquillamente in mezzo. Le barriere viste come opportunità di integrazione. Fantastico.
E poi hanno un empatia impareggiabile. Se ti senti solo basta che vai al parco a mangiare un pacchetto di crackers e in 2 minuti ti sei fatto 5-6 milioni di nuovi amici piccioni, una festa che manco alla laurea di Pinocchio. Fantastici.
Come dicevo prima, oggi camminavo attraversando la piazza, 38 gradi (l’ombra non c’è quindi evito di porre la casistica), piccole pietre roventi a perdita d’occhio, interrotte da qualche pozza d’acqua, fugace eredità del recente tentativo di acquazzone.
E in ognuna di queste pozzanghere un piccolo gruppo di piccioni a mollo, a rinfrescarsi le zampe e le piume. Se la stavano spassando alla grande. Alla faccia mia. Mi sono avvicinato alla pozzanghera più vicina per fare una foto e invece di volare via, come mi sarei aspettato, i 5 piccioni balneanti si sono girati a guardarmi e, sono sicuro, a deridermi.
Quasi 34 anni e non aver mai capito le cose belle della vita. La situazione è già imbarazzante, ma doversele far insegnare da un gruppo di piccioni… Ho battuto due volte il pugno chiuso sul cuore al loro indirizzo e me ne sono andato per la mia strada.
E questa è la storia di come passeggiando in estate per la città quella volta mi trovai a invidiare cinque piccioni in una pozzanghera.
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