
Col dubbio profondo di chi implora
ho trovato infine un dio recluso.
“Dove altro potrei avere dimora?
Sono il frutto di un divino abuso.
“Mio padre è il grande e possente Marte;
Venere mi crebbe nel suo ventre.
Porto la morte e la guerra mentre
sogno la bellezza viva dell’arte.
Compresi le angoscianti paure
di chi è diviso tra due nature.
“Sono figlio di un divino seme
e di una madre che non è sposa.
Mio è l’amore folle che non teme
di poter distruggere ogni cosa.”
È la rabbia dell’onnipotente,
che potendo tutto non può niente.
“Sono il figlio di Marte e di Venere,
se potessi ti accarezzerei,
ma non ho pace tra uomini e dèi:
quello che tocco diventa cenere.
Vivo in esilio dal mio bisogno.
Solo, regno: sono il re del mondo.”
Mi destai, uscii dal quel mio sogno
serbando ancora un dubbio profondo.
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