4 – ÈFRAFA: ROMANTICISMO CONIGLIO
Dente di Leone è da solo, con le mani suoi fianchi (in cima a una collina), con aria beata, come se stesse guardando uno stupendo panorama accarezzato da una piacevole brezza.
DENTE: Ah… Che meraviglia.
Entra in scena Moscardo.
MOSCARDO: Che cosa fai li?
DENTE: Vieni anche tu, Moscardo, da qui si vede tutto il mondo.
Moscardo si avvicina e rimane affascinato da quello che vede.
DENTE: Oh Frits delle colline, questa qui l’ha creata apposta per noi.
MOSCARDO: Lui l’avrà fatta, ma Quintilio ce l’ha indicata, non vedo l’ora che arrivi.
Entra in scena Pungitopo, malridotto e trafelato che si ferma ai margini da un lato a riprendere fiato.
Dall’altro lato entrano Quintilio e altri conigli della compagnia (di seguito per esempio Romolaccio, Smerlotto, Ribes, Mirtillo e Parruccone).
DENTE: (guarda Pungitopo) Quello non mi sembra Quintilio.
Entra in scena anche Campanula, sempre malridotto, e si mette vicino a Pungitopo.
MOSCARDO: Certo che non è Quintilio.
I conigli si avvicinano ai due.
PARRUCCONE: Quelli sono Pungitopo e Campanula!
MIRTILLO: È vero, sono loro
SMERLOTTO: Che ci fanno qui?
RAMOLACCIO: Ehi, che cosa vi è successo?
PUNGITOPO: La conigliera…
DENTE: Fategli un po’ di spazio, razza di lepri, fatelo respirare.
MOSCARDO: Va tutto bene, siete al sicuro adesso.
QUINTILIO: Cosa dicevi della conigliera?
CAMPANULA: La conigliera… non c’è più…
Rimangono tutti zitti.
MOSCARDO: Cosa è successo?
PUNGITOPO: Era mattina… Ero uscito a cercare qualche carotina primaticcia, prima del recinto vecchio, quando ho visto arrivare parecchi uomini, erano vicini al cartello, quello bianco con i segni neri. Uno di loro, un giovane, aveva un fucile. Gli altri portavano delle cose molto pesanti, ce ne volevano due per portarli. Insomma hanno portato quelle robe nei campi e i conigli che erano all’aperto corsero a rimpiattarsi. Io no. Poi uno di loro ha preso una pala e hanno cominciato a tappare tutti i buchi delle tane che riusciva a trovare. Ogni buco che trovava pigliava una palata di terra e ce la ficcava per tapparlo. Poi un altro ha preso dei tubi, lunghi e sottili e li ha attaccati a quelle robe che avevano portato. Si è sentito un sibilo e… l’aria è diventata cattiva. Ne ho respirata una sola zaffata, da lontano, e non sono riuscito più a vedere, né a pensare, mi sembrava di cadere.
Gli uomini hanno ficcato un tubo in ogni tana ancora aperta. All’inizio non è successo nulla, poi ho visto un coniglio saltar fuori da un buco vicino la fratta; non capiva più niente, si muoveva a scatti. All’inizio non l’avevano visto, poi uno degli uomini ha fatto segno al giovane e quello… ha sparato col fucile, ha sparato al coniglio. Poi sono scappato, ma dentro le tane non so cosa sia successo
CAMPANULA: Io lo so, ero lì dentro. Le coniglie per prime hanno cominciato ad agitarsi. I conigli cercavano di uscire in tutti i modi, ma le femmine che avevano cuccioli non volevano abbandonarli e attaccavano chiunque si avvicinasse.
I cunicoli erano pieni di conigli che si graffiavano e calpestavano a vicenda, risalivano i corridoi, ma li trovavano bloccati. Poi i tunnel hanno cominciato a intasarsi per via dei… dei conigli morti.
Non so come ho fatto a scamparla, mi sono ritrovato in uno sfiatatoio semintasato, ho spinto e scavato fino alla superficie, e… mentre scavavo e mi ricadeva la terra addosso sentivo le… urla, invocazioni d’aiuto, gli strilli dei cuccioli che chiamavano le madri, gli ordini inutili dell’Ausla…
PUNGITOPO: Ci siamo ritrovati, io e lui, appena dentro al bosco.
PARRUCCONE: E gli altri?
Pungitopo scuote la testa con aria triste.
CAMPANULA: Scusa, Quintilio, per aver dubitato di te.
I conigli consolano i due con pacche sulle spalle.
QUINTILIO: (si guarda attorno) Sento che questo è il posto che fa per noi.
PUNGITOPO: Sì, è meraviglioso.
Tutti si guardano attorno, ma dopo un po’ è palese che attorno, a parte il panorama, non c’è nulla.
RIBES: Giusto un po’… spoglio, ecco.
DENTE: Mancano quei piccoli confort che fanno di una montagna di letame una collina dei conigli.
QUINTILIO: Ma questa “è” la collina dei conigli.
MOSCARDO: Voi dovete immaginarla come sarà, piena di tane di conigli… piene di conigli.
RAMOLACCIO: Ci servirebbe anche un nome, altrimenti chi altro volete che ci venga.
MOSCARDO: Pensavo a qualcosa che faccia capire che si tratta di un posto sicuro, con tanta voglia di fare, con una società unita e laboriosa.
PARRUCCONE: Tipo il Nido d’Ape?
CAMPANULA: Sì, bella idea!
MIRTILLO: No, ma che schifo, è un nome che sa di vecchio, ci serve qualcosa di più giovane, più dinamico, più internazionale
I conigli ci pensano un po’ sopra, poi Ribes ha un’illuminazione.
RIBES: The Watership Down.
MIRTILLO: Fantastico!
PUNGITOPO: Ma che significa?
RIBES: Boh.
MIRTILLO: Che te ne frega del significato, senti come suona… fico
MOSCARDO: Sì, vabbè, comunque prima dobbiamo scavare delle tane, sennò è solo la collina di ‘sta cippa.
DENTE: Giusto. Il coniglio non va più via se trova una comoda galleria.
PARRUCCONE: Ogni caccia al coniglio è vana se si rintuzza nella sua tana.
PUNGITOPO: Solo sottoterra il coniglio non corre alcun periglio.
Smerlotto fa una sonora scorreggia e si mette a ridere.
MOSCARDO: Smerlotto?!
SMERLOTTO: Quando il culo è avvezzo al peto non si può tenerlo quieto (cit.). Ahah.
Ramolaccio da uno schiaffo a Smerlotto.
MIRTILLO: Allora… che si fa, si scava?
PARRUCCONE: Boh, mica si può pretendere che i maschi si mettano a scavare.
PUNGITOPO: Eh, un buco alla meglio, sì, te lo traforiamo pure, ma non più che tanto.
RAMOLACCIO:Cioè, è proprio il maschio che coi buchi… non ci sa fare.
Tutti guardano interdetti Ramolaccio.
RIBES: Parla per te.
MIRTILLO: Potremmo, volendo, cambiare i nostri costumi. Dici “I maschi non scavano”. E difatti non si usa così. Ma ne sono capaci, se vogliono. Nulla ce lo impedisce, tranne il fatto che i maschi non scavano. Sanno scavare. Pero non scavano.
MOSCARDO: Sì… Potremmo… Volendo…
DENTE: Appunto, volendo…
CAMPANULA: Vogliamo?
TUTTI: Naaaaa!
MOSSCARDO: Allora quello che dobbiamo fare è procurarci delle femmine e portarle qui.
PARRUCCONE: Da dove?
RIBES: Da un’altra conigliera.
PUNGITOPO: Ma ce ne sono per queste colline?
MIRTILLO: E ce ne saranno.
PUNGITOPO: La fai facile tu, anche se ci sono come facciamo a sapere dove?
SMERLOTTO: Chiediamo a qualche passante.
Tutti guardano male Smerlotto, che annuisce come un demente, poi scruta il cielo e fa un fischio. Tutti guardano il volo di un uccello che volteggia un paio di volte sopra le loro teste e poi atterra fuori scena da un lato. Entra in scena il gabbiano Kehaar.
KEHAAR: Puonciorno conighli!
Smerlotto va avanti con la mano tesa verso Kehaar.
SMERLOTTO: Ciao autoctono! Noi amici! Tu capisce?
Kehaar guarda Smerlotto con sospetto per qualche attimo, poi fa per andarsene.
KEHAAR: Adio conighli!
Ramolaccio da uno scappellotto a Smerlotto. Moscardo corre a fermare Kehaar.
MOSCARDO: Aspetta! Aspetta! Ehm… salve, sei della zona?
KEHAAR: Io no “tellazona”, io mi chiama Kehaar.
MOSCARDO: Sì… Ciao Kehaar, no, ti chiedevo se tu vivi… da queste parti.
KEHAAR: Io fife di molte parti, mia casa è cielo.
MIRTILLO: Benissimo, noi ci chiedevamo se, insomma, tu potessi aiutarci.
KEHAAR: Jà, io aiuta foi se foi dice proplema.
DENTE: Certo. Noi cerchiamo… insomma… femmine.
KEHAAR: Femine?
RAMOLACCIO: Sì, coniglie, come noi, ma (simula zone intime) senza il… con le… con la…
KEHAAR: Ah, moghli!
MOSCARDO: Mogli! Esatto! Sì, proprio mogli.
KEHAAR: Allora, io dici. Kvesta grande collina, io sorfola: per di qua, per di là, sorfola tutta, dofe sole su, dofe sole ciù. Jè nente, nix. Poi io fola più afanti, fino ciù in fondo. Jè fattoria con grandi alperi intorno, su picolo monte. Foi sa?
PUNGITOPO: No, non la conosciamo, siamo arrivati da poco.
KEHAAR: Io inseghna. No lontano. Poco lontano. E kvi jè conighli, jà. Jè conighli chi fife in cassetta. Fife con vomini. Foi sa?
QUINTILIO: Vivono con gli uomini?
KEHAAR: Jà, jà, fife con vomini. In capanone. Conighli fife in cassette, sotto capanone. Vomini porta loro mangeria. Foi sa?
PUNGITOPO: So che questo succede, sì.
CAMPANULA: Anch’io ne ho sentito parlare.
KEHAAR: Io pensa c’è moghli in grande cassetta. Nix conighli liberi in campo, nix in bosco. Nix conighli intorno. Insomma, io no fisti.
PARRUCCONE: Che peccato
KEHAAR: Spetta. Io dici antro. Foi ascolta. Io poi fola, parte e fola, antra parte, ferso dofe sole sta medio jorno. Foi sa, questa parte jè Grande Akva.
RIBES: Sei andato fino alla grande acqua?
KEHAAR: Na, na, nix così lontano. Kvesta parte jè fiumo, e kvi jè città di conighli.
QUINTILIO: Sull’altra sponda del fiume?
KEHAAR: Na, na. Cammina cammina, jè grandi campi, tutti grandi campi. Poi arriva a città di conighli e dopo jè fiumo. In città di conighli jè arbusti, jà, e molte moghli.
MOSCARDO: Quanto tempo ci vorrà per andare da qui alla città dei conigli?
KEHAAR: Con fostre zampette salterelle io pensa due ciorni, jà.
MIRTILLO: Grazie mille Kehaar, ci sei stato davvero molto utile.
KEHAAR: Preco!
I conigli si riuniscono per parlare e Kehaar si avvicina per sentire il discorso.
DENTE: Ehm… Grazie, Kehaar!
KEHAAR: Preco!
MIRTILLO: Sì… ecco, è che noi dovremmo parlare tra noi, capisci?
KEHAAR: Oh, di moghli, ciusto?
PUNGITOPO: Proprio di mogli, già.
KEHAAR: Pene, allora io fa. Puona fortuna conighli!
Kehaar esce di scena sbattendo le ali e i conigli si grattano le parti intime.
SMERLOTTO: Tiè! Uccellaccio del malaugurio.
MOSCARDO: Sentito? Dobbiamo andare lì e condurre delle femmine con noi.
PARRUCCONE: Quintilio?
Quintilio si concentra.
QUINTILIO: No, nessun brutto presentimento.
MOSCARDO: Bene, allora è deciso: si va!
DENTE: Sì, ma “chi” va?
PUNGITOPO: Ah! La sciatica, questa fuga nella brughiera proprio non ci voleva…
RAMOLACCIO: Sinceramente preferirei rimanere qua.
MOSCARDO: D’accordo, facciamo che va chi si offre volontario. Io vado.
PARRUCCONE: Sono con te!
MIRTILLO: Senza di me non credo ve la cavereste.
RIBES: Sono con voi da poco, ma voglio esserci.
CAMPANULA: Io. Voglio venire anch’io.
SMERLOTTO: Anch’io!
MOSCARDO: No, Smerlotto, tu no!
SMERLOTTO: Perché io no?
DENTE: Ti sanguina il naso.
SMERLOTTO: Ma non è vero…
Ramolaccio dà un pugno sul naso a Smerlotto.
SMERLOTO: Ouch… mi fanguina il nafo…
MOSCARDO: Quintilio tu…
QUINTILIO: Io vengo con voi.
PUNGITOPO: Siete sicuri che i conigli di là accetteranno le vostre richieste?
MOSCARDO: Perché non dovrebbero?
CAMPANULA: In fondo chiediamo solo quanto serve a una vita dignitosa.
RIBES: Vedrete, troveremo dei bravi conigli.
Parte uno voce registrata con l’arringa di Vulneraria. I conigli del gruppo corrono fuori scena ed entrano i conigli di Efrafa che dispongono un pulpito e accolgono l’entrata di Vulneraria.
VULNERARIA (VFC): Il discorso che sto per pronunziare dinanzi a voi non vuole essere una giustificazione del mio operato. Sono io, conigli, che levo di fronte quest’Ausla l’accusa contro me stesso. Si è detto che io sia un Gran Coniglio autoritario e spietato. Che gli auslani che comando siano violenti. Che i conigli di Efrafa siano vessati e intimoriti. Dove? Quando? In qual modo? Nessuno potrebbe dirlo! Nessuno mi ha mai negato una discreta intelligenza e molto coraggio, ma ribadisco che la violenza, per essere risolutiva, deve essere precisa, astuta, motivata. Ora, come potrei abusare del potere, e lasciatemelo dire senza falsi pudori e ridicole modestie, il potere che voi stessi mi avete conferito, pensare, senza essere colpito da morbosa follia, di far commettere dei gesti di forza? Di quale forza? Contro chi? Per quale scopo? Riconosco ai miei oppositori il diritto ideale di opporsi, ma non è l’energia che mi fa difetto, perciò guardate che io non avrei fatto ricorso a quelle misure estreme di cui ora mi si accusa se non fossero andati in gioco gli interessi di Efrafa. Ma una conigliera non rispetta un Gran Coniglio che si lascia vilipendere! La conigliera vuole specchiata la sua dignità nella dignità del Gran Coniglio, e i conigli di Efrafa, prima ancora che lo dicessi io, hanno detto: Basta! La misura è colma! Ed era colma perché? (cit.)
Durante la registrazione, Vulneraria entra in scena come un divo politico autoritario e si va a mettere dietro il pulpito dal quale lancia il suo comizio.
VULNERARIA: Perché siamo stanchi di accogliere chiunque arrivi non invitato. Stanchi di questi conigli, o bestie che si dichiarano tali, che vengono da fuori, fuori da Efrafa, la nostra bella Efrafa, la conigliera che è stata dei nostri padri e che vogliamo sia dei nostri figli, non dei figli di questi… extraconiglierari, che vengono qui a godere dei frutti del lavoro di noi altri, che vengono per accoppiarsi con le nostre femmine, che vengono a rubare agli Efrafiani per bene! Mi dicono “Vulneraria sei razzista”. No! Non sono io che sono razzista. Sei tu che sei una lepre di brughiera! Tornatene nei campi, extraconiglierario del mio codino, scavati una buca tua!
Durante il comizio entrano anche i conigli di Moscardo e si mettono con gli altri ad ascoltare Vulneraria.
QUINTILIO: Per Frits…
RIBES: Ma dove siamo capitati?
MIRTILLO: Un piccolo errore morfosintattico.
PARRUCCONE: Eh?
CAMPANULA: È quando tu cerchi un “coniglio” e trovi dei “coglioni”.
PARRUCCONE: Ah.
MOSCARDO: Fate silenzio!
VULNERARIA: Ma voglio guardare al futuro. Non voglio tornare indietro. Guardo avanti, io. Ma se guardo bene, lo sapete che vedo? Vedo delinquenti a ogni crocicchio, sotto ogni cespuglio, in ogni orto. Davvero vogliamo continuare a farci fregare la prima erbetta del mattino? Quella più buona? Perché io sono stufo! Mi dicono “Vulneraria tu sei contro la libertà individuale”. Assolutamente no. Vuoi fare la vita da furetto disadattato? Nulla da ridire. Vuoi accoppiarti con le pantegane? Prego fai pure. Vuoi portare nella mia conigliera le tue malattie? Alt! Ho dei conigli da proteggere, io. Mi dicono “Vulneraria tu non sei un coniglio solidale con il prossimo”. Ti smentisco. Tra noi deve esserci solidarietà. Tra noi. Perché tra noi non ci sono nemici. I nemici sono fuori! E vogliono entrare! Per questo servono conigli con le orecchie allerta, gli zampini decisi e soprattutto le idee chiare. Extraconiglierario, vuoi venire a Efrafa? Bene. Fai come facciamo noi, mangi quello che mangiamo noi, fai i tuoi cacherelli dove ti diciamo noi. Non ti piace il grande Frits? Non ci credi? Beh, noi ci crediamo, te lo fai credere anche tu!
Finita l’arringa, Vulneraria si va a sedere su una ricca sedia, Nerigno passa lo straccio un po’ in disparte, e le coniglie (Sagginella, Cedrina, Lucciola, Ciuffetta) si raggruppano per fare qualche lavoretto. Gli auslani (Garofano, Cerfoglio, Cardo) si accorgono che tra loro ci sono degli estranei.
GAROFANO: Contrassegni?
CAMPANULA: Eh?
CERFOGLIO: Possiamo vedere i vostri contrassegni?
RIBES: Contrassegni?
CARDO: Voi non siete di Efrafa?
MOSCARDO: No, siamo forestieri.
GAROFANO: Venite con noi.
QUINTILIO: (sottovoce a Mirtillo) Non gli interessa da dove veniamo?
MIRTILLO: Evidentemente no.
CERFOGLIO: Come prima cosa è bene che sappiate chi comanda a Efrafa.
MOSCARDO: Chi comanda?
CARDO: Noi, l’Ausla.
GAROFANO: Ogni coniglio deve stare ai nostri ordini.
CERFOGLIO: In cambio offriamo sicurezza e stabilità
CAMPANULA: E un nome non ce l’avete?
CERFOGLIO: Io sono il Capitano Cerfoglio.
CARDO: Capitano Cardo.
GAROFANO: Capitano Garofano.
MIRTILLO: Tutti capitani a Efrafa?
GAROFANO: No. C’è Nerigno.
Tutti guardano Nerigno, che alza lo sguardo dallo straccio e saluta con la mano.
RIBES: Lui invece è solo…
GAROFANO: Nerigno!
RIBES: Poveraccio…
CARDO: E poi le nostre femmine.
I conigli si sporgono a sbirciare le coniglie, ma gli auslani si frappongono con aria truce.
CARDO: Le “nostre” femmine.
MOSCARDO: E voi a chi obbedite?
CERFOGLIO: Al Generale Vulneraria.
RIBES: E lui a chi obbedisce?
CEFOGLIO: A Frits e solo a lui
QUINTILIO: Ah però…
MOSCARDO: Non è che, per caso, potremmo parlarci, sapete…
GAROFANO: Voi non potete.
MIRTILLO: ‘naggia.
GAROFANO: Voi “dovete”!
CARDO: Seguiteci.
Gli auslani conducono i conigli da Vulneraria.
MIRTILLO: Beh, oh, hai visto mai…
CAMPANULA: Quintilio… tutto ok? Nessun presentimento?
QUINTILIO: Non ci vuole un sensitivo per capire che butta male…
GAROFANO: Generale, ecco i forestieri tratti in arresto.
VULNERARIA: Vi illustrerò le norme vigenti in questa conigliera e le condizioni alle quali potrete abitare qui.
RIBES: Veramente…
VULNERARIA: Ascoltatemi bene, poiché il regolamento va rispettato…
CAMANULA: Il fatto è che noi…
VULNERARIA: E ogni infrazione viene punita!
Attimi di silenzio.
MIRTILLO: Credo che ci sia stato un piccolo malinteso.
QUINTILIO: Noi siamo una specie di…
MIRTILLO: Delegazione diplomatica!
MOSCARDO: Sì, ecco, siamo degli ambasciatori di un’altra conigiliera.
MIRTILLO: E chiediamo l’amicizia e l’aiuto di Efrafa.
MOSCARDO: Per l’esattezza vorremmo… uhm… persauadere qualche femmina a seguirci, sì.
Vulneraria li guarda torvo.
VULNERARIA: La cosa è fuori questione.
QUINTILIO: Ma…
VULNERARIA: Neanche a discuterne.
I conigli si guardano tra loro con aria delusa.
MOSCARDO: E vabbè, almeno ospitateci qualche giorno.
QUINTILIO: Poi proseguiremo in cerca di un’altra conigliera.
VULNERARIA: Avete l’aria di credere che potete stare qui a discutere con noi, ma non è così. Siamo noi che vi diciamo quello che dovete e che non dovete fare altrimenti ve ne tornate alla conigliera vostra! E subito!
CARDO: (all’orecchio di Vulneraria) Generale, potrebbero essere utili per pulire la tana.
Vulneraria riflette qualche istante squadrando i conigli.
VULNERARIA: (aria accondiscendente) Allora rimarrete per pulire i cacherelli dei conigli efrafiani.
MOSCARDO: Pensavamo a qualcosa di un po’ meglio.
RIBES: (all’orecchio di Mirtillo) Ma non se li possono raccogliere da soli i loro cacherelli?
VULNERARIA: Eccoli! I soliti extraconiglierari che arrivano qua con delle pretese.
QUINTILIO: Era giusto per…
VULNERARIA: Intere cucciolate a morire di fame nella brughiera e voi vorreste pure la tana popolare, vero? E il trifoglietto gratuito magari.
MIRTILLO: Se possibile.
VULNERARIA: Subito a raccogliere cacherelli!
Gli auslani portano i conigli vicino a Nerigno e danno anche a loro degli strumenti di pulizia. L’unico che rimane davanti a Vulneraria è Parruccone, il generale però guarda altrove e non lo nota subito.
NERIGNO: Benvenuti a Efrafa, amici!
CERFOGLIO: Silenzio, Nerigno!
GAROFANO: Non ti è permesso parlare con i nuovi arrivati.
CARDO: Torna al tuo lavoro!
Nerigno torna a passare lo straccio a testa bassa.
VULNERARIA: E tu? Perché non sei al lavoro? Muoviti!
PARRUCCONE: (indica i conigli) Io non sto con loro.
Gli auslani tornano da Vulneraria.
VULNERARIA: Ah. E chi saresti?
PARRUCCONE: Il mio nome è Parruccone.
CARDO: Parruccone, “signore”.
VULNERARIA: Cosa sei venuto a fare qui?
PARRUCCONE: Sono venuto per stabilirmi a Efrafa.
VULNERARIA: Perché?
PARRUCCONE: Come perché?
VULNERARIA: L’ho chiesto io a te.
PARRUCCONE: È la vostra conigliera, no?
VULNERARIA: Le domande le faccio io.
PARRUCCONE: Che c’è di strano se uno chiede di venirci ad abitare?
VULNERARIA: Le domande le faccio io!
PARRUCCONE: Ah sì?
VULNERARIA: Sì! Cosa sai fare tu?
PARRUCCONE: Sono bravo a correre e ad azzuffarmi. A parlare non tanto. Ero un ufficiale dell’Ausla.
VULNERARIA: Sai batterti?
PARRUCCONE: L’ho detto.
VULNERARIA: (indica Cardo) Ti batteresti con lui?
PARRUCCONE: Certo.
Parruccone tira una sventola a Cardo.
CARDO: Oh, ma che fai?
VULNERARIA: (a Cardo) Zitto, le domande le faccio io. (a Parruccone) Oh, ma che fai?
PARRUCCONE: Obbedisco ai tuoi ordini.
VULNERARIA: La mia era una domanda.
PARRUCCONE: Non si capiva, sembrava un ordine.
VULNERARIA: Vabbè, dove hai detto che eri nell’Ausla?
PARRUCCONE: Non l’ho detto.
VULNERARIA: E dillo, per Frits!
PARRUCCONE: Molto lontano, la conigliera è stata distrutta da… un uragano
Ribes ha un sussulto
PARRUCCONE: Ho vagabondato qua e là per diverso tempo, poi ho sentito parlare di Efrafa. Penso che potreste utilizzarmi.
VULNERARIA: Sei da solo?
PARRUCCONE: Adesso sì.
VULNERARIA: Bene, penso allora che potremmo “utilizzarti” come dici tu. (a Cerfoglio) Portalo a badare ai lavoranti, così capirà quanto è stato fortunato che gli abbia usato clemenza.
Cerfoglio conduce Parruccone tra le coniglie e il gruppo di Moscardo.
CERFOGLIO: Stai qui e bada che facciano il loro lavoro.
VULNERARIA: Avrei proprio voglia di un po’ di rugiada
GAROFANO: (urla a Nerigno) Nerigno! Un po’ di rugiada per il generale!
NERIGNO: (scatta) Subito!
Nerigno corre fuori scena e rientra con un boccale che porta timidamente a Vulneraria. Aspetta che abbia finito, riprende il boccale e lo porta fuori. Nel frattempo le coniglie fanno il loro canto.
SAGGINELLA: Siamo coniglie, siamo noi stesse,
la sporca plebe di conigliera,
l’immane schiere di sottomesse,
non conosciamo gioia sincera.
CEDRINA: Nel freddo inverno i nostri figli
vediam soffrire di fame e stenti,
la buona erbetta è per quei conigli
che ci minaccian coi loro denti.
TUTTE: Per natura tutti uguali
veniam messi sulla terra,
noi faremo un’aspra guerra
a chi sfrutta altri animali.
LUCCIOLA: Ma noi seguiamo la grande via
della giustizia dell’avvenire
che il privilegio di tirannia
e il turpe regno farà finire!
CIUFFETTA: Le nostre lacrime, le nostre onte
conosceranno la nostra prole
noi già leviamo alta la fronte,
ora che sorge di nuovo il sole.
Durante i canti, Parruccone si scambia occhiate con gli altri, che lo incitano a proseguire e a interagire con le coniglie.
PARRUCCONE: Per natura tutti uguali
veniam messi sulla terra,
noi faremo un’aspra guerra
a chi sfrutta altri animali!
Le coniglie guardano Parruccone interdette, gli altri conigli lo incitano a continuare.
PARRUCCONE: Ehm, venite spesso da queste parti?
LUCCIOLA: Ma sei scemo?
Le altre coniglie ridono. Gli altri conigli commentano silenziosamente.
PARRUCCONE: Ehm… Tutto bene?
SAGGINELLA: Senti ma che vuoi?
CEDRINA: Lo sai che le femmine sono roba di Vulneraria?
PARRUCCONE: Si si, per carità, è che sono nuovo, mi chiedevo se è sempre stato così.
CIUFFETTA: Così come?
Parruccone si guarda attorno con aria circospetta.
PARRUCCONE: Terribile! Cioè, sto qua da dieci minuti e già mi sono rotto le palle: fai questo, fai quello…
Le coniglie si guardano stupite.
Vulneraria si alza, va verso i conigli e si fa lustrare le scarpe da Campanula.
SAGGINELLA: Non proprio. mia madre mi raccontava che prima la conigliera era molto più piccola e più… libera, meno organizzata, ma poi è venuto fuori il Generale Vulneraria e ha organizzato Efrafa con un sistema di compiti e ordini e divieti e imposizioni. Ha perfezionato questo sistema dando via via sempre più potere all’Ausla, finché i conigli a Efrafa stavano sicuri come le stelle in cielo. Per lo più i conigli qui muoiono di vecchiaia, se non li ammazza prima l’Ausla…
Mentre lustra le scarpe di Vulneraria, Campanula si distrae e viene tirato su di forza dagli auslani che lo maltrattano.
GAROFANO: Ehi! Vuoi stare più attento!
CAMPANULA: Ehi! Così mi fate male!
CERFOGLIO: Ehi! Qualcuno qui ha detto “ehi”?
CARDO: Ehi! Solo noi diciamo “ehi”!
CAMPANULA: Ehi!
GAROFANO: Ehi! Ehi!
CERFOGLIO: Ehi!
CADO: Ehi! Ehi! Ehi!
NERIGNO: (sorride) Ehi!
Tutti si girano a guardare male Nerigno che si allontana sottomesso.
MOSCARDO: (a Vulneraria) Perché permetti ai tuoi auslani di fare questo?
VULNERARIA: (sorride) Sono ragazzi, stanno solo scherzando.
RIBES: Ma gli stanno facendo male.
VULNERARIA: (sorride) Sono ragazzi.
MIRTILLO: Ti piace vedere i conigli umiliati.
VULNERARIA: (sorride) Non lo nego.
QUINTILIO: Sei cattivo!
Vulneraria sgrana gli occhi e si blocca, tutti si fermano, la tensione e gelida.
SAGGINELLA: Ora gli farà mangiare la sua coda.
CEDRINA: E stappare le orecchie.
LUCCIOLA: E spalare tutta la merda della conigliera con un cucchiaino.
CIUFFETTA: Quello già lo fa.
VULNERARIA: (stravolto a Quintilio) Cosa hai detto?
QUINTILIO: (spaventato) Che… sei… cattivo?
Vulneraria cinge Quintilio con il braccio e lo porta in disparte, sembra sul punto di mettersi a piangere, si trattiene fieramente, poi si erge petto in fuori e racconta la sua triste vicenda. Gli auslani gli si fanno attorno e si inseriscono nel racconto con gesti e pose melodrammatiche.
VULNERARIA: Non sono cattivo.
QUINTILIO: Non te la prendere…
VULNERARIA: Ho quasi tre anni ormai.
GAROFANO: Il generale nacque tre anni fa.
CERFOGLIO: Era il più forte di cinque fratelli.
VULNERARIA: Vivevamo nei pressi di una casa di campagna. Mio padre, uno spavaldo, spensierato individuo.
CARDO: Un dannato figlio di pantegana.
VULNERARIA: Quel figlio di pantegana trovava conveniente abitare nei paraggi di un orto, dove andava a foraggiarsi ogni mattina di buon’ora.
GAROFANO: Ma avrebbe pagato cara la sua temerarietà.
CERFOGLIO: Ah, se la pagò.
VULNERARIA: Stufo di trovare la lattuga sciupata e i cavolfiori mangiucchiati, l’ortolano si appostò con un fucile e…
CARDO: Bang!
GAROFANO: Bang!
CERFOGLIO: Bang!
VULNERARIA: L’accoppò non appena spuntò tra le piantine di patata e poi andò per stanare il resto della famiglia.
CARDO: Oh, tragica sorte.
VULNERARIA: Mia madre fece in tempo a scappare e noi cuccioli cercammo di seguirla.
GAROFANO: Ce la faranno?
VULNERARIA: Solo io riuscì a starle dietro.
TUTTI: Ooohhh
CERFOGLIO: Se tu e tuo fratello siete inseguiti da un cane, non ti serve essere più veloce del cane.
CARDO: Ti basta essere più veloce di tuo fratello.
VULNERARIA: Mamma era stata ferita di striscio, ma una donnola fiutò l’odore del sangue e l’aggredì.
GAROFANO: Che Frits la colga!
VULNERARIA: Così, schiacciato nell’erba assistetti impotente all’uccisione di mia madre.
CERFOGLIO: Che Frits l’accolga…
VULNERARIA: Non scappai, la donnola sazia mi risparmiò e si allontanò tra i cespugli.
CARDO: Crebbe robusto e selvaggio.
VULNERARIA: E all’occorrenza sapevo mordere.
GAROFANO: Un qualsiasi altro coniglio.
CERFOGLIO: Senza alcuna esperienza di vita selvatica.
CARDO: Sarebbe morto, ma non il Generale Vulneraria.
VULNERARIA: Dopo aver vagato per qualche giorno arrivai in una piccola conigliera e a ringhi e graffi…
TUTTI: A ringhi e graffi!
VULNERARIA: Costrinsi quei conigli ad accettarmi.
TUTTI: A ringhi e graffi!
VULNERARIA: E ben presto ne divenni il capo, dopo aver ucciso il vecchio Gran Coniglio.
GAROFANO: E tutti i pretendenti alla carica.
VULNERARIA: E così nacque Efrafa.
Gli auslani applaudono.
VULNERARIA: (a Quintilio) Capito?
Quintilio annuisce con aria interdetta.
VULNERARIA: Allora va, sarò clemente stavolta.
Quintilio torna dagli altri.
MOSCARDO: Allora?
QUINTILIO: Non è cattivo.
MOSCARDO: No?
QUINTILIO: No, è solo scemo.
Parruccone guarda la scena interdetto, poi torna a rivolgersi alle coniglie.
PARRUCCONE: Vabbè…
CIUFFETTA: Ora capisci perché c’è un bel po’ di malcontento?
PARRUCCONE: E allora vieni con me. Anzi, venite. (si pavoneggia) Ho una conigliera a un paio di giorni da qui, con degli amici, sai…
Le coniglie lo guardano come se fosse cretino.
PARRUCCONE: (aria disperata) Ci servono femmine.
Le coniglie si guardano tra loro.
CONIGLIE: (sorridono) D’accordo!
PARRUCCONE: (sorpreso) Ah… Allora… Aspettate un attimo. Torno subito.
Parruccone torna dagli altri che stanno lavorando
PARRUCCONE: E ora che facciamo?
MIRTILLO: Niente paura. Ho un piano.
I conigli fanno capannella per discutere. Gli auslani e Vulneraria, vedendoli, si insospettiscono e cominciano ad avvicinarsi.
MIRTILLO: Avete capito tutti il piano?
I conigli lo guardano un po’ sfiduciati.
MIRTILLO: Allora? L’avete capito?
MOSCARDO: A capire l’abbiamo capito, il fatto è che…
CAMPANULA: È una cacherellata pazzesca…
RIBES: Non funzionerà mai!
MIRTILLO: Quintilio?
QUINTILIO: Non sento nessun brutto presentimento…
MIRTILLO: Sentito?
QUINTILIO: Però sembra una cacherellata pure a me
MIRTILLO: (offeso) Eccoli i geni della strategia. Avete un altro piano?
I conigli si guardano tra loro mentre gli auslani si avvicinano.
PARRUCCONE: Non c’è tempo. Vada per la cacherellata di Mirtillo.
RIBES: Peccato morire così giovani…
CAMPANULA: Non mi sono mai neanche accoppiato…
QUINTILIO: Ma allora quella volta con Bacca di Rosa?
CAMPANULA: Mi sono inventato tutto…
MIRTILLO: (canta) La chiamavano Bacca di Rosa metteva l’amore, metteva l’amore…
MOSCRADO: Oh Frits dai mille cuccioli!
Moscardo tira fuori una carota che aveva nascosta e balza alle spalle di Nerigno prendolo alla gola con la carota. Gli efrafiani si bloccano. Gli altri conigli e coniglie si mettono tutti dietro Moscardo.
MOSCARDO: Fermi tutti! Non fatemi commettere una pazzia!
NERIGNO: Aiuto! È fredda…
CARDO: Ma quella è solo una carota.
MIRTILLO: Può sembare.
GAROFANO: E invece è…?
MIRTILLO: Una carota…
RIBES: Lo sapevo che era una cacherellata…
MOSCARDO: Ma dipende come la usi!
CERFOGLIO: Sì, va bene, comunque chi se ne frega di Nerigno.
NERIGNO: (isterico) Bel riconoscimento, dopo tutto quello che ho fatto per voi, io lavo, stiro, cucino, rammendo…
MOSCARDO: Sentito? Se incaroto Nerigno poi vi toccherà a voi di fare il suo lavoro.
PARRUCCONE: Pensateci bene, la vostra vita-pacchia val bene quattro femmine.
VULNERARIA: Fermo! Fermo! Qui nessuno incarota nessuno. Le quattro femmine avete detto?
SAGGINELLA: (arrabbiata) Ah! Preferite Nerigno a noi?
CEDRINA: (arrabbiata) Codine a pon-pon! Orecchie moscie!
LUCCIOLA: (arrabbiata) Succhiacarote! Accoppiatevi con lui allora!
CIUFFETTA: (arrabbiata, fa il gesto della vagina con le dita) Questa!
ALTRE: (fanno il gesto della vagina) Queste!
TUTTE: Non le vedete più!
Moscardo getta Nerigno verso gli auslani e scappa seguito dagli altri e le altre.
NERIGNO: Eh, ce l’abbiamo fatta per un pelo, quei conigli erano terribili…
Gli auslani guardano Nerigno con aria marpiona.
NERIGNO: Perché mi guardate così?
VULNERARIA: Nerigno…
NERIGNO: (preoccuato) Che c’è?
GAROFANO: Vieni qui.
NERIGNO: Magari… più tardi…
CERFOGLIO: Nerigno, non avere paura.
NERIGNO: Eheh… Giusto un po’…
CARDO: Non vogliamo farti del male.
NERIGNO: No, e chi ha parlato di male, magari volete solo…
VULNERARIA: Farti!
Nerigno sgrana gli occhi e scappa fuori scena. Gli auslani rimangono con un pugno di mosche.
GAROFANO: E ora?
VULNERARIA: Abbiamo ricacciato gli invasori!
CERFOGLIO: Si, ma si sono portati via le femmine.
VULNERARIA: Ehm… Li stiamo aiutando alla conigliera loro!
CARDO: Si, vabbè…
Gli auslani escono di scena scuotendo la testa e lasciano da solo Vulneraria.
VUNERARIA: (disperato) Mamma…
Si abbassano le luci.
Commenta