To live in Darxton
4 – Nella tana del lupo
«Perché stiamo andando a casa di questo tizio?»
Se non fossi stato occupato a controllare un graffio sul cofano del taxi lo avrei chiesto io, per fortuna lo fa Greg, così posso godermi Sean che lo insulta.
«Ma sei scemo? Stiamo andando a casa di… coso…»
«Isaac Reed» precisa Kate.
«Isaac Reed, appunto.»
«Eh, questo l’ho capito, ma perché?» insiste Greg.
«Perché l’ha detto Kate!»
Potrebbe sembrare una motivazione stupida, quella espressa da Kevin, eppure le cose stanno proprio così. Ci siamo infilati in Trigon Street, in uno dei peggiori quartieri di Darxton, solo perché Kate ha scoperto qualcosa… che le ricordava qualcos’altro… che poi…
«Facciamo un attimo il punto – la Walker prende in mano la situazione – Nei computer sotto al WQC ho trovato una lista di nomi a cui erano associati dei codici alfanumerici.»
«Quelli delle targhette metalliche che abbiamo trovate attaccate ai corpi nei laboratori.»
Una cosa sola ho capito, fatemela dire.
«Esatto» dice Kate mentre mi guarda con un misto di stima nascente e compassione consolidata.
Lo avreste fatto anche voi, per cui rimangiatevi quei sorrisetti idioti e andiamo avanti.
«Di quei nomi, quattro appartenevano a barboni che bazzicavano i dintorni del centro di analisi e i codici corrispondevano a quelli ritrovati sui corpi nelle gabbie. Gli altri due erano Jason Howard, una specie di criptozoologo di dubbia fama, e Isaac Reed. Ho fatto delle ricerche su di lui: lo potremmo definire un archeologo ai margini accademici o un volgare tombarolo. Mi seguite?»
«Certo! Andiamo!» a volte Greg mi fa tenerezza…
«Mi seguite nel discorso intendo.»
Kevin annuisce con la testa e tira fuori la pistola.
«Vai al dunque però – intervengo – forse non hanno capito la cosa più grave.»
«Ah già. Il codice riferito a Howard era quello che Mike ha trovato addosso al mostro nella sala dei quadri elettrici. Capite? Qualcuno stava facendo degli esperimenti su barboni e… altri esseri umani, e quelle creature che abbiamo trovato dovevano essere… i risultati!»
Sembra quasi eccitata mentre lo dice, la cosa mi sembra un pelino morbosa, ma non lo do a vedere.
«Reed, invece, lo conosco… cioè, non è che proprio lo conosco… di vista, diciamo…»
«Kate – la interrompe Sean – Non siamo a un pigiama-party e non ci stai raccontando del tuo primo appuntamento. Chi cazzo è Isaac Reed?!»
La pupa è tosta, fissa Sean e per un attimo sento freddo per quanto è gelido il suo sguardo. Potrebbe mettersi a piangere. O ucciderlo. Invece decide di continuare con distacco accademico.
«Stavo controllando le pratiche di prestito della biblioteca…, lo faccio almeno una volta al mese perché non mi fido di Sherley, è molto distratta. Comunque, mi sono resa conto che risultava non restituito un libro di poesie, “Negli Abissi” di Salomone Giagara, una prima edizione del 1929 per sola consultazione interna. Per le consultazioni interne viene richiesto il deposito di un documento di identità e infatti c’era ancora nello schedario il documento di Isaac Reed depositato addirittura il 9 di luglio. Mi ricordo bene di questo tizio perché aveva più volte provato ad attaccare bottone, prendendo un palo in fila all’altro… Ho provato a chiamarlo, ma il suo cellulare è spento. Quindi ecco qui.»
Rimaniamo tutti assorti a guardarla.
«Perché mi guardate così?» controlla se per caso non gli sia sceso il reggiseno.
«Hai detto “libro” – intervengo – la parola li ha confusi.»
«Ha parlato l’intellettuale.»
Il bello di Kevin è che, nel confronto, potrebbe dire la stessa cosa anche a un carlino.
«Io ho studiato, sono ricco di famiglia.»
«I maledetti figli di papà come te io li odio.»
Discussione chiusa. Faccio spallucce e mi incammino verso il portone del palazzo.
Abbiamo l’indirizzo, ma non la chiave, questo ci risulta abbastanza chiaro, e Greg è costretto a mettere in mostra le competenze acquisite come tutore dell’ordine. Scassina la porta dell’appartamento al terzo piano.
“Finto borghese.”
È la prima cosa che penso con disprezzo appena entriamo nel soggiorno di Isaac.
«Dividiamoci.»
Gli altri obbediscono a Sean e vanno avanti lungo il corridoio. Io obbedisco a Sean e mi soffermo a guardare quell’obrobrio arredativo. Mobili finto-laccati, finti impianti a vista, finto parquet sul pavimenti, finti squarci sui muri…
Ah, no! Gli squarci sono veri!
Delle lunghe artigliate segnano il muro interno della stanza a partire dalla porta finestra che dà sul balcone. Per inciso, i vetri sparsi sul finto tappeto persiano mi portano a dedurre che la finestra sia stata rotta dall’esterno verso l’interno.
Corro nella stanza a fianco. Kate e Sean hanno già capito che qualcosa non va. Il piccolo studio è stato devastato da una furia animalesca. A un primo colpo d’occhio sembra che la distruzione sia stata circoscritta a una sezione precisa di una parete, dove praticamente è stato divelto tutto l’intonaco, rivelando… potrebbe essere un tassello di metallo. È il caso di dire che c’è qualcosa sotto…
Penso a mente la battuta e sorrido, così la voce di Sean arriva come una secchiata d’acqua ghiacciata.
«Isaac è stato qui!»
«No! – faccio io – Isaac “è” qui!»
Si sente un ringhio disumano provenire dall’ultima porta in fondo al corridoio. Il mostro…
Poi si sentono delle urla. Disumane anch’esse. Però sospetto siano Greg e Kevin che se la stanno facendo addosso per la paura. E naturalmente l’istinto suicida ci porta a correre proprio verso di loro.
Stanno bene. Sì, stanno bene. Che c’è? Ok. “Per fortuna” stanno bene, a parte il colorito pallido. Davanti a loro, accucciato sul davanzale della finestra c’è un essere dalla fisionomia umana distorta e rigonfia, in tutto e per tutto paragonabile alla creatura trovata nei sotterranei del WQC. Se quello era Jason Howard, questo non può che essere Isaac Reed.
Anche se occupa quasi per intero la cornice della finestra, la bestia torce il collo e ci fissa, solo una manciata di istanti. Nel buio gli occhi appaiono come puntini lattiginosi sul fondo di una caverna, eppure mi trasmettono delle sensazioni fin troppo umane. Smarrimento e paura.
Non faccio in tempo a focalizzare questi pensieri che il bruttone prende il volo, sono un po’ confuso ma il tonfo lo sentiamo tutti forte e chiaro.
Greg corre ad affacciarsi.
«Merda! Sta scappando!»
«Come “sta scappando”? – la cosa mi preoccupa sul serio – È appena saltato giù dal terzo piano.»
BabyFace non perde tempo a rispondermi, mi spinge di lato e continua la sua corsa fuori dall’appartamento.
«Inseguiamolo!»
Neanche Kevin è tipo da stare a pianificare troppo… Così mi ritrovo a inseguire le due braccia violente del gruppo che inseguono un mostro scappato da un laboratorio di genetica. Per fortuna non devo raccontarlo a mia madre…
«Dove diavolo state correndo?» chiede Kate.
«Isaac!»
Lei mi guarda con gli occhi sbarrati. “E tu che c’entri?” dice in silenzio.
«Greg mi ha dato una spinta!» rispondo e mi precipito per le scale.
Non che Mr. Hyde, lì, non si faccia notare, eppure quando arriviamo in strada lo vediamo a stento in fondo a Trigon Street. Una persona normale ringrazierebbe il cielo per la fortunata combinazione mostro+scappa+fuori-dalla-mia-vita-merda, ma stiamo parlando di Greg e Kevin.
Dopo un po’ che corriamo rischio di perdermi anche loro. Non sono molte le occasioni in cui un tassista può fare moto per tenersi in allenamento…
Sento i resti semidigeriti delle Hot Chiky Chikcs risalirmi l’esofago e quasi in contemporanea uno schianto e degli spari che rimandano giù le coscette fritte meglio di una Coca compressa.
I miei due commandos sono appostati dietro una berlina parcheggiata appena fuori un parcheggio incustodito, qualche metro più avanti Isaac è in piedi sul fianco di un furgone nero ribaltato, sta sgrullando con una mano un uomo con la divisa d’assalto della S.T.A. mentre urla contro altre quattro guardie che gli stanno scaricando addosso le loro mitragliette.
Non sembrano aver notato la nostra presenza, io comunque corro a ripararmi tra Kevin e Greg.
«Cosa facciamo?» chiedo.
«Li accoppiamo» fa Greg.
«Chi?»
«Tutti!»
Guardo il sorriso tossico di Kevin e ringrazio di non aver fatto il servizio di leva.
Prima di poter attuare il nostro fantastico piano, Isaac getta il corpo che tiene in mano addosso a una delle guardie e salta giù dal furgone, purtroppo per lui il fuoco incrociato degli altri tre gli impedisce di avvicinarsi. Poi una delle guardie si accascia al suolo reggendosi il ginocchio e urlando. Ci metto un attimo a collegare la scena con Kevin in piedi a fianco a me che punta la pistola verso lo scontro da sopra il tettuccio dell’auto.
«Ma che cazzo fai, perché non spari al mostro?»
La mia domanda è più che lecita, soprattutto perché ora arrivano raffiche di mitra anche addosso a noi.
«Mi sembrava in difficoltà – è la candida risposta – e poi quegli stronzi ci stanno sparando addosso.»
«Gli hai sparato tu per primo!»
Nel frattempo Greg si è unito al coro di spari, dagli strilli direi che ne ha colpito un altro, ormai non mi interessa più, facciano il cazzo che vogliono!
«Tattica preventiva» insiste Kevin.
«Vi insegnano queste stronzate nei Seals?»
«No, me l’ha raccontato tua madre mentre ce la spassavamo l’altra notte!»
Odio avere a che fare con ex militari drogati e armati.
«Scappano!»
Mai la voce di Greg mi fu più gradita. Vediamo il mostro allontanarsi a una velocità notevole, specie per uno che ha in corpo almeno venti proiettili, mentre sull’asfalto del parcheggio rimangono a terra tre guardie.
«Bene – dico cercando di tenere la mente lucida – se vi siete sfogati direi che è il caso di andarcene, qualcuno avrà sentito la sparatoria.»
Visto che i ragazzi sono d’accordo ce ne torniamo al taxi per un’altra strada, giusto per non destare sospetti, e troviamo ad aspettarci Sean e Kate. La maggiorata del gruppo ha il naso ficcato dentro un blocco per appunti, meglio non disturbarla.
«Allora?» chiede Sean.
«Isaac è scappato» risponde Kevin chiaramente deluso.
«Magari diglielo che siamo stati coinvolti in una sparatoria» puntualizza Greg.
«Perché? Se voleva sparare anche lui poteva venire con noi!»
«È inutile che ti incazzi, hai deciso tu di prendere le sue parti!»
«Sparatoria?»
Sean è giustamente disorientato, ma io mi limito a scuotere la testa, in questa faccenda ormai si parla delle cose più strane come del menù della colazione.
«Se non era per me non avremmo sparato neanche un colpo!»
Mentre i bimbi quasi vengono alle mani per chi ha il pistolino col calibro più grosso.
«Volete fare un po’ di silenzio!»
Tutti tacciono. Kate Walker ha parlato.
«Sto cercando di leggere gli appunti di Isaac, possono esserci d’aiuto per capire cosa fare.»
«Li avete trovati nell’appartamento?»
La domanda è ovvia, però serve per scuotere Sean dal suo torpore.
«Sì – risponde – la parete presa di mira dalle artigliate nascondeva una cassaforte a muro.»
«Isaac cercava qualcosa nascosto lì?»
«Chi può dirlo. Non era molto sofisticata e neanche molto resistente, così siamo riusciti ad aprirla: dentro c’era una sorta di ricevuta del Central Museum per una donazione anonima.»
Me la porge. Riporta la data del 9 luglio e come causale “ Medaglione arcaico (civiltà sconosciuta) in metallo bronzato (non identificato). Pietra dura spigolosa incastonata”.
«E anche un taccuino scritto a mano, a occhio e croce un diario di lavoro degli ultimi giorni.»
«Qui ci sono molte risposte – dice Kate sollevando il blocchetto di carta – e altrettante domande. Credo che dovremo fare una… gita culturale.»
Leggi il Taccuino di Isaac Reed
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