
JOHN AND THE FISH
di Loris Fabrizi e Vincenzo Germano
SCENA PRIMA
Personaggi: John, Gioia, Fede, Capo, Zio
Capitolo1
1 Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore:
2 «Alzati, va’ a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me».
Luci accese in sala.
I musicisti finiscono di montare gli strumenti e di vestirsi, poi cominciano a suonare qualcosa.
Si spengono le luci in sala; rimane illuminato il palco con una luce pulita, un ambiente freddo.
Ouverture musicale (2’20’’)
L’ambiente è un set televisivo essenziale, con un tavolo moderno, alcune aste per microfono, cavalletti per le riprese, degli schermi a terra. Sul tavolo c’è una radio d’aspetto vetusto.
La radio è accesa ad alto volume.
Sullo sfondo proiettata una visuale cittadina (S1S1 – Skyline).
Il Capo e Federica (detta “Fede”) sistemano lo studio. Il Capo dà delle indicazioni per posizionare gli oggetti e Fede stende e arrotola cavi, posiziona microfoni a terra, entra e esce di scena.
Il Capo si rivolge a un’ipotetica regia per chiarimenti e cose del genere.
Gioia abbassa il volume della radio.
Gioia e Federica appoggiate al bancone discutono guardando dei fogli su una cartellina.
John entra di corsa in scena, con vestito elegante, sistemandosi la cravatta.
JOHN: (rivolto a Gioia) Scusa Gioia, eccomi, sono pronto. (rivolto a Federica) Uh… Ciao. (torna a rivolgersi a Gioia)
FEDERICA: (sorride a John) Salve.
GIOIA: (rivolta a Federica, mentre prende una cartellina dal bancone) Vai a chiamare il capo, cara.
Federica esce di scena.
GIOIA: (rivolta a John, mostrandogli i fogli della cartellina, con lo sguardo sui fogli) Allora, abbiamo ancora qualche minuto, tu ricordati che a questo punto… (indica un punto sul foglio, poi alza lo sguardo su John e sorride) John?
JOHN: Eh? Cosa ho fatto?
GIOIA: Niente, rilassati. Sei nervoso? Guarda che è come uno dei soliti spot, solo che sarà trasmesso in mondo visione.
JOHN: No, non mi preoccupa quello. Ma ho fatto tardi perché… siamo andati a pagare… il prete… a dargli la busta… insomma, come si dice: a prenotare la chiesa.
Gioia con la faccia sconvolta.
JOHN: Mi sposo, ricordi?
GIOIA: Ma io pensavo che scherzassi.
JOHN: Magari. Cioè no, non scherzavo. A settembre.
GIOIA: Cioè praticamente ci siamo!
JOHN: No, no, settembre del prossimo anno.
GIOIA: Beh, certo, meglio non fare le cose di fretta.
JOHN: Infatti, poi, sai, sposarsi al tredicesimo anno di fidanzamento sembrava brutto.
GIOIA: (riprende in mano la cartellina) Sì, sì, infatti, infatti.
Gioia e John guardano i fogli della cartellina tornando seri.
GIOIA: (indicando un punto sul foglio) A questo punto tu fai il tuo discorso, dici il numero di telefono per fare le donazioni e in sovrimpressione compare il banner con il numero e il contatore delle donazioni. Qui invece pensavamo di aggiungere un contatto diretto con il pubblico, qualcosa che mostri la genuinità della nostra richiesta di fondi, che faccia vedere che anche noi scendiamo veramente fra la gente e testimoniamo la nostra solidarietà: delle telefonate.
JOHN: (con aria entusiasta) Bello, diamo la possibilità di chiamare…
GIOIA: False. Telefonate false.
JOHN: (tornando compito) A beh, certo.
GIOIA: Telefonate guidate, di gente dallo studio, che si complimenterà con te per il lavoro svolto. Poi saluti, ringrazi e chiudi il collegamento, mandando la sigla di chiusura. (si gira di spalle posando i fogli sul bancone) E mi raccomando il contatto con il pubblico: dì sempre il tuo nome.
ZIO (VFC): Gionne!
GIOIA: (si gira di scatto verso John) Ma no! John!
Lo Zio entra in scena, ha in mano un ombrello e una rivista in tasca.
ZIO: Gionne! A Gionne!
JOHN: (rivolto allo Zio, sgomento) Zio? (rivolto a Gioia) Scusami un attimo, è mio zio.
John si avvicina alla Zio
JOHN: Zio ma come hai fatto ad arrivare qui?
ZIO: Ho entrato dalla porta. Gli sono detto alla riceppion “Do sta Gionne?”
JOHN: Alla reception…
ZIO: E chisso della riceppion fa “Benevenuto alla Nave”. Ma quale Nave? Ti sono messi a fare il marinaio?
JOHN: La Nave, zio, La Nave è il nome dell’azienda per cui lavoro. Comunque, perché sei qui?
ZIO: Qui?
JOHN: Sì zio, qui.
ZIO: Sono preso lo scenzore, ho andato per il corridoio…
John gesticola nervosamente, come per dire qualcosa che non riesce ad articolare.
JOHN: (calmandosi) Zio, devi dirmi qualcosa?
ZIO: No.
JOHN: E allora che cosa sei venuto a fare?
Lo zio prende John sotto braccio.
ZIO: Devo dirti una cosa Gionne.
Lo Zio tira fuori dalla tasca una rivista patinata e la passa a John aperta in un punto.
ZIO: Guarda Gionne, guarda che… schifezza. Guarda.
John prende la rivista, guarda la pagina indicata, guarda di sottecchi lo Zio, riguarda la rivista.
JOHN: È una…?
ZIO: Una schifezza, guarda, una vera schifezza.
John guarda la rivista, guarda di sottecchi lo Zio, riguarda la rivista.
JOHN: Zio ma perché te la prendi tanto per una stampante multifunzione, non hai neanche il computer.
ZIO: La stam…? Ma che, fa vedere.
Lo Zio strappa la rivista dalle mani di John e comincia a sfogliarla.
ZIO: Dov’è l’articolo? Teh! Eccolo. Leggi, leggi.
Lo zio ridà la rivista a John.
ZIO: Leggi, leggi.
JOHN: Leggo, zio, se mi dai il tempo.
ZIO: Leggi.
John comincia a leggere la rivista, ma lo zio gliela strappa di mano.
ZIO: Non leggere, è una schifezza. Mazzette pe non pigliare mazzate, mazzate pe strada, allo stadio, partite taroccate, chello che va colle regazzine… (Lussuria) …chell’altro “no, io colle regazzine no” e va coi tram, c’hai l’unghia incarognita vai in ospedale e i dottori te morono, e se non te morono i dottori ti crolla in testa il tetto… (Vanità) …che i lavori l’ha fatti uno che c’ha messo i rifiuti tossici nel cemento che l’ha pagato uno pe farli sparire e se ci starnuti addosso viene giù tutto e ti pigli pure il cancro. (Sopraffazione) Lè lè. Ninive è la città peggiore del mondo. Tutti omicidi, tutte rapine, tutti accolpati di malavita, nessuno in galera. (Potere)
JOHN: Va bene zio, ma noi non viviamo a Ninive.
Lo zio ci pensa un po’ su, mentre John gli sorride.
ZIO: (con faccia strabuzzata) Nessuno in galera!
John si ritrae spaventato.
ZIO: Chelli faranno p’ammazzarsi, se continuano così si suicidano da soli e suicidano pure all’altri. Che fanno i fatti loro e magnano e s’arriccano, ma chella riccheria qualcuno la pagano; e chi la pagano? La gente la pagano.
JOHN: E poi la gente si arrabbiano.
ZIO: (sorride) Gionne, sei capito tutto, bravo.
JOHN: Grazie zio, ma non ho capito niente di quello che hai detto.
ZIO: Bene. Perché non gli ci vai a dirgli qualcosa tu, che sei così bravo, che dici così bene.
JOHN: A chi? Alla gente?
ZIO: No, la gente già lo sanno. Ai politici, ai managi, ai gangester, eh?
JOHN: E che gli vado a dire, ma poi figurati se vado a Ninive. Ascolta, (accento british) quei manager, gangster and politics, sono gentaglia zio, cattive persone, che diffondo una cultura sbagliata, delle idee sbagliate: lussuria, vanità , sopraffazione, potere. (Lussuria, vanità , sopraffazione, potere) È a causa di quella gente che faccio questo lavoro e devo appellarmi alla generosità delle persone per cercare di mitigare le ingiustizie sociali e attenuare la sperequazione economica che ne è la causa.
Lo Zio lo fissa un po’.
ZIO: Ti sono attaccati il viruse intestinale.
JOHN: No, perché?
ZIO: Pure io tengo problemi di squaraquazione. Sono passato la notte in bagno, guarda, meglio che…
JOHN: Zio, la sperequazione si ha quando… No, torniamo alla gente di Ninive. Non meritano che qualcuno li avverta della brutta fine che faranno. E poi uno come me neanche lo ascoltano. Vacci tu che hai le idee così chiare.
ZIO: Troppe chiare. Se vado lì butto giù tutto. (agitando l’ombrello che ha in mano) Gli spaccogli chesso sulla capa. Mica no.
JOHN: (fermando lo zio) Posa quell’affare, che arriva la sicurezza. E poi che cacchio ci fai con un ombrello col sole che c’è fuori.
ZIO: Porta rispetto ragazzo, ess’ombrello ha passato la guerra, erimo io e chisso. Ti sono mai raccontato di quella volta che mi salvò la vita?
Entra in scena il Capo.
JOHN: Non più di trecento volte zio, magari me la ricordi un’altra volta, ora però devo lavorare.
Il capo si avvicina a John.
CAPO: John.
John e il capo si guardano un po’. Il capo ha l’aria serena e rimane immobile. John lo guarda sorridente, in attesa che il discorso prosegua e comincia a essere imbarazzato.
JOHN: Sì?
CAPO: John!
JOHN: Sì!
CAPO: Questa è la tua grande occasione, John, ma so che ce la farai alla grande.
JOHN: Sì, anche Gioia mi ha detto di stare calmo.
CAPO: Assolutamente no. La calma è nemica del successo. Questo messaggio verrà trasmesso a reti unificate e sul web. Da questo dipenderà il tuo futuro. Come sai mio fratello è sindaco di Ninive. È uno stronzo, ma è mio fratello e se le cose andranno bene potrebbe esserci un buon posto di lavoro per te lì da lui.
JOHN: Ma non c’è bisogno…
CAPO: Sciocchezze, tu sei un buono John e sappiamo bene come finiscono i buoni.
Da qui nasce un suono monotono che si evolve, fino ad arrivare al brano sul mercato.
Il Capo lancia occhiate di intesa a John ridacchiando.
JOHN Come… finiscono i buoni?
CAPO Sei un buono John, ma poter fortuna io ti ho trovato in tempo e ho fatto della tua bontà il business del futuro. Tu sei l’immagine del vincente buono, John. Il mondo è pieno di imbecilli con la coscienza sporca e il portafogli gonfio d’amore e tu oggi darai loro la speranza, e gliela darai a caro prezzo, ragazzo mio.
Il Capo cinge le spalle di John e gesticola come se stessero guardando l’orizzonte.
CAPO Immagina John, migliaia, milioni di donazioni, bonifici, assegni, erogazioni liberali per i più nobili scopi umanitari e stronzate del genere: conosci una via più facile e veloce per la redenzione?
JOHN Ma io pensavo che…
CAPO Non esiste John. E se esistesse l’avremmo già messa sul mercato. Sai John, mi ricordi me alla tua età, ma al contrario. Io ero il genere di ragazzo che mia madre non avrebbe voluto che io frequentassi, ma tu no John tu sei il nipote ideale di ogni nonna, sei il fidanzato che ogni padre vorrebbe per sua figlia. Dai fiducia alla gente, sei ingenuo e puro quanto basta.
Brano musicale “Il Mercato”. (50/60’’)
I personaggi si muovono sulla scena in modo confuso ma in apparenza efficiente.
CAPO: (rilassato e deciso) Gioia, sistemami la nostra star.
GIOIA: Già fatto capo.
CAPO: Grande!
Il Capo si allontana.
ZIO: Senti Gionne pe quella cosa che dichi se…
JOHN: Zio, ora non ho tempo, sai che facciamo? Ora vai con Gioia e fai tutto quello che ti dice, ok?
John si avvicina a Gioia.
JOHN: Devi farmi un favore, intrattieni mio zio.
GIOIA: E cosa sono una badante? Che gli faccio fare?
JOHN: Non lo so, ma levamelo dai piedi, inventati qualcosa, ti prego, ti prego, ti prego.
GIOIA: Mmm! E va bene. (rivolta allo zio) Venga con me, lo lasci perdere quello screanzato di suo nipote.
John manda un bacio di riconoscenza verso Gioia e dice in silenzio “Grazie!”.
SPEAKER (VFC): 30 secondi e siamo in onda.
GIOIA: Vai! (rivolta a Federica) Presto, presto, portalo di là. Dai, dai.
Federica esce di scena con lo Zio.
CAPO: Mi raccomando John. Sei carico? Sei pronto?
JOHN: Certo!
SPEAKER (VFC): 3, 2, 1, in onda!
Tutti escono di scena. John rimane da solo sul palco.
JOHN: (con entusiasmo) Buonasera signore e signori! Benvenuti su La Nave!
Sullo sfondo compare la proiezione del volto di JOHN: (S1S2 – Volto).
Brano musicale “Smarrimento e Rabbia”. Termina con una notizia frivola. (1’30’’/2’)
Quando John parla è accompagnato dal piano.
Le luci sono basse e l’atmosfera è riflessiva, quando John interviene direttamente diventa esplosiva e luminosa.
JOHN: (voce da affabulatore) …e così possiamo dirci davvero a posto con la coscienza dopo quello che vi ho detto?
JOHN: (aria da venditore) …un piccolo aiuto, basta un piccolo aiuto. Ma partiamo con le telefonate! Pronto, chi parla?
JOHN: (aria da simpaticone) Ahahahah, buona questa, ma ricordiamoci di rivolgere sempre un pensiero ai meno fortunati.
JOHN: Ecco un’altra chiamata. Pronto! Chi sei?
ZIO (VFC): (reg.) Gionne, sei tu?
La luce si focalizza su John.
JOHN: Erhm… Sì, sono io, ciao, da dove ci chiami? Come ti chiami?
ZIO (VFC): (reg.) Chiamo da qui dietro, Gionne, sono zio, ma che te si fatto sordo?
John alza lo sguardo rassegnato.
ZIO (VFC): (reg.) Stavo popio a diche “e bravo Gionne, che fa questa bella cosa che dice alle persone che tenghino a pensare pure all’altri”, ma perché non ce lo vai a dirlo derettamente a Ninive?
John comincia ad agitarsi in preda al panico.
JOHN: Cough cough! Sì… erhm… grazie del suggerimento. Bene! Il nostro amico ha voluto rimanere anonimo, purtroppo il tempo per i collegamenti esterni è…
ZIO (VFC): (reg.) Gionne? Pronto? Gionne!
JOHN: (arrabbiato) Terminato! (si ricompone con volto sorridente) Per cui vi ringrazio per l’attenzione, vi saluto. E mi raccomando non fate passare giorno senza che un vostro pensiero non sia rivolto a…
ZIO (VFC): (reg.) A Ninive, a zio. Sei ‘nteso? A Ni-ni-ve.
JOHN: (arrabbiato) Sigla!
Breve sigla stile telegiornale.
Lo sfondo diventa il logo de La Nave, poi torna quello iniziale (S1S3 – La Nave).
John esce di scena.
Finita la sigla, John e lo Zio entrano in scena. John rimprovera lo Zio.
JOHN: Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?
ZIO (con aria contrita) Eh… Gionne mi dispiace, non ero capito.
JOHN No Zio, tu non capisci mai! Ti viene detta una cosa e fai sempre di testa tua.
ZIO Ho fatto come m’ha detto la signorina.
JOHN No! Lei ti ha detto di stare al tuo posto, senza dare fastidio. Ma tu no! Tu devi sempre fare il protagonista, devi sempre far andare tutto come vuoi tu!
ZIO: Gionne, lo sai che la gente anziani…
JOHN E se sei vecchio resti a casa a riposare. Non vieni qui a mettermi in imbarazzo davanti a tutti!
Attimo di silenzio.
ZIO Gionne? Ti vergogni di me?
John assume volto serio.
Lo Zio esce di scena guardando il vuoto davanti a sé con aria triste.
Il Capo entra incrociando lo Zio che esce, si ferma un attimo a guardarlo, poi va verso John.
JOHN: (rivolto al pubblico) Beh? Cosa avete tutti da guardare?
CAPO: (cerca di camuffare l’imbarazzo) Erhm… John, ragazzo mio! Ti vedo stanco, non è da te urlare in quel modo. E poi i vecchi sono vecchi, non devi dargli corda. Guarda me, appena è andata in pensione ho messo mia madre in ospizio, ah, dovevi sentire come strillava la vecchia, ahah. Ma tornando a noi, ti vedo agitato, hai bisogno di una bella vacanza. (Abbraccia le spalle di John con un braccio, l’altro braccio stesa davanti a sé a voler comprendere l’orizzonte) Fai le valige, John, si parte per Tarsis!
Il Capo e John escono di scena.
SCENA SECONDA
Personaggi: John, Gioia, Fede, Capo
3 Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.
Brano musicale “La Nave”. (-2’)
Ponte di una nave da crociera con lettini da sole disposti in fila.
Sullo sfondo un mare da cartolina (S2S1 – Mare Calmo).
Su uno dei lettini c’è Federica, entra John e si siede su un lettino un po’ distante.
CAPITANO (VFC): Qui è il capitano della nave da crociera Tavola delle Genti, siamo appena partiti dal porto di Giaffa, Siamo piacevolmente diretti a Tarsis, la temperatura è gradevole, l’umidità moderata, la compagnia splendida. Vi auguriamo un buon viaggio.
FEDERICA: Ma lei non è quello dell’area fundraising del 9° piano?
JOHN: Io… sì, sto al reparto donazioni.
Federica si avvicina.
FEDERICA: Piacere, io sono Federica, ma tutti mi chiamano Fede.
JOHN: Io mi chiamo John e… tutti mi chiamano John.
FEDERICA: La vedo sempre, sa, io lavoro al call-center; chiamo ricchi signori per chiedere se vogliono fare donazioni per i bambini poveri.
JOHN: E come va?
FEDERICA: Mai presi tanti vaffanculo in vita mia.
JOHN: (con aria irreprensibile) Eh sì, immagino… Comunque diamoci del tu, io praticamente faccio lo stesso lavoro, a parte la questione dei vaffanculo…
FEDERICA: Bene, e così ti hanno inserito nella crociera aziendale.
JOHN: Sì, al mio reparto le cose vanno bene ultimamente, e ho fatto cambio con un collega dell’amministrazione, lo coprirò durante la sua settimana bianca. Avevo bisogno di una… pausa, adesso. Tu invece come ti sei guadagnata la vacanza?
FEDERICA: L’ho data la direttore.
John fa la faccia sconvolta.
FEDERICA: Ahahahah, ma dai era uno scherzo.
JOHN: Ah ah, si, sì, l’avevo capito, è che…
FEDERICA: Andiamo a bere qualcosa?
JOHN: (imbarazzato) Ehrm… sai, io sono fidanzato… mi sto per sposare..
FEDERICA: Uuuhhh e mica ti mangio, non sei il mio tipo, comunque si vede che sei un bravo ragazzo.
JOHN: Sì… beh, grazie. Ma, come mai lavori al call-center?
FEDERICA: Sono laureata in giurisprudenza e ho un master in diritto internazionale, ma gli unici lavori che mi offrono sono da spogliarellista in locali notturni.
JOHN: Ahahahahah
FEDERICA: Non era uno scherzo.
JOHN: Uh…
Brano musicale “Il Viaggio”. (20’’)
Entrano in scena il Capo e Gioia e si sdraiano sui lettini. Gioia comincia a leggere un giornale.
4 Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi.
CAPO Allora John, hai visto che bello qui, eh? Lontano da tutte le preoccupazioni. Chiama a casa e digli che non ti aspettino svegli: si parte per l’avventura, il piacere, vaaaacanza!
Hai chiamato a casa? (preoccupato)
JOHN: No, ma non c’è bisogno…
CAPO: John tu hai figli? Io ho due figli John, uno più scemo dell’altro, ma gli voglio bene e so cosa è bene per loro, quando escono voglio sapere dove vanno, con chi sono, quando tornano, se non mi avvertono gli do tante di quelle legnate che da due ne faccio uno solo. Faccio così perché sono uno più scemo dell’altro, ma gli voglio un gran bene. E voglio bene anche a te John, perché nell’ultimo anno mi hai fatto guadagnare un sacco di soldi; sei come un figlio per me.
JOHN: No! Cioè nel senso, i miei genitori ce li ho, non ci sentiamo molto spesso però…
CAPO: (con aria dura) Male! Ricordati John: il papà è sempre il papà, ma la mamma, la mamma John, è sempre la mamma.
John annuisce senza capire. Sono tutti sdraiati. Il Capo indossa le cuffie.
Brano musicale “La Tavola delle Genti”. (25’’)
JOHN: (sporgendosi verso il Capo che si gira verso di lui) Con quello che ha detto prima, voleva dirmi che devo prendermi le mie responsabilità? Lo so, dovrei sposare la mia ragazza senza pensare troppo a una sicurezza che non avremo mai, magari avere dei figli, dovrei curare di più gli affetti, anche la mia famiglia, sa ho rinunciato a ciò che sentivo la mia missione, io volevo scrivere, volevo fare il giornalista, cercare e diffondere la verità, invece ho seguito quello che mi è capitato sotto mano, anche questo lavoro, mi sono fatto trascinare dalle ambizioni. Lo so, dovrei essere più responsabile di me e della mia felicità. Voleva dirmi questo giusto?
Il Capo sorride e si toglie le cuffie.
CAPO: Non ho capito nulla. Hai chiamato la mamma John?
JOHN: No, adesso lo faccio.
Gioia legge sul giornale una notizia che la sconvolge, si agita e dice qualcosa all’orecchio del Capo.
CAPO: (sorride piano) Ahahahah.
Gioia continua a parlare.
CAPO: (con la faccia impanicata) Cosa? Dio ci salvi…
Loop preregistrato che segue le battute successive
Prima di dire la loro battuta, I personaggi si muovono agitati e confusi.
GIOIA: Adesso cosa facciamo?
Il Capo prende a schiaffi in faccia Gioia.
Lo sfondo diventa un mare in burrasca (S2S2 – Mare Tempesta).
CAPO: (a Gioia) Stai calma, maledizione! Stai calma!
FEDERICA: Capo, ma cosa è successo?
Il Capo si prende dello spazio, come per un annuncio, ma viene scavalcato da Gioia che grida.
GIOIA: Siamo nella tempesta finanziaria!
Luci temporalesche.
CAPO: Le nostre azioni non valgono più nulla!
GIOIA: Lo spread ci sta inghiottendo!
CAPO: Ho lasciato il gas aperto!
Le luci tornano normali.
Tutti guardano il Capo dubbiosi.
CAPO: (fa spallucce) Anche questi sono problemi…
FEDE: Calma, ce la possiamo fare.
Tutti guardano Fede per qualche istante in attesa che continui.
CAPO: La Nave sta affondando! Si salvi chi può!
Brano musicale “La Tempesta”. (1’40’’).
Le luci tornano a simulare lampi violenti e caotici.
Tutti urlano, si agitano e scappano fuori scena, tranne John, che rimane un po’ interdetto e si guarda attorno.
5 I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente.
Lo sfondo ritorna un mare calmo (S2S3 – Mare Sonno).
Le luci tornano normali.
John si guarda attorno preoccupato del rapido mutamento di ambiente.
Rientrano tutti con aria compita, guardano una cartella tenuta in mano dal Capo.
John si addormenta.
Un suono elettrico chiude il brano.
CAPO: Dobbiamo aumentare i prezzi, diminuire le uscite, massimizzare le entrate. (tono onirico-ovattato, movimenti lenti e fluttuanti)
(reg.) Perché la pulce d’acqua ha morso il pesce-cane.
GIOIA: È fondamentale tenere nascoste le informazioni che abbiamo, sì, saremo gli unici a uscire dalla crisi.(tono onirico-ovattato, movimenti lenti e fluttuanti)
(reg.) E affogare il pescatore cornuto.
CAPO: Potremmo farci fare qualche favore dall’assessore Tizio o dal direttore Caio per battere la concorrenza… (tono onirico-ovattato, movimenti lenti e fluttuanti)
(reg.) Qui non viene mai nessuno a farmi compagnia.
FEDE: Potremmo aspettare che la situazione si tranquillizzi. (tono onirico-ovattato, movimenti lenti e fluttuanti)
(reg.) Guarda i pesciolini lilla nello stagno.
Tutti guardano Fede dubbiosi.
6 Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».
CAPO: No, no, così non si risolve nulla, ma non vi rendete conto? (rivolto a John) Ma ti rendi conto ragazzo mio? Eh? John? (tono onirico-ovattato, movimenti lenti e fluttuanti)
(reg.) John, ti aspetto a Ninive.
Mentre il Capo dice Ninive, John si sveglia di soprassalto e urla, coprendo ciò che dice il Capo.Tutti tranne Federica guardano John come se fosse matto; Federica lo guarda preoccupato.
Lo sfondo ritorna un mare calmo (S2S3 – Mare Calmo 2).
JOHN: Eh… sì… ci sono.
CAPOE che cazzo John, partecipa un po’ anche tu alla discussione, in fondo si tratta di una crisi familiare.
FEDE: Una grossa crisi!
CAPO: Puoi dirlo forte.
FEDE: Una grossa crisi!
Gioia dà uno scappellotto sulla nuca a Fede.
CAPO: Qui non si tratta di veder morire di fame qualche migliaio di pezzenti. Se anche noi, che facciamo i soldi sul bisogno delle persone di avere una coscienza, stiamo colando a picco, significa che qualcosa non va, vuol dire che il meraviglioso meccanismo che ha retto la civiltà negli ultimi secoli sta crollando. Il divario tra ricchi e poveri si è allargato a tal punto che…
JOHN: Dobbiamo fare qualcosa!
CAPO: E lo faremo, perché la forbice tra magnati e indigenti è talmente ampia che…
JOHN: Dobbiamo intervenire!
CAPO: E lo faremo, perché la differenza tra chi ha tutto e chi non ha niente è così grande che… sta per scoppiare.
JOHN: Sì!
CAPOE noi non possiamo permetterlo.
JOHN: Ma come?
CAPO: Sìsìsì, nonono, la situazione diverrebbe per noi insostenibile se non ci fossero più i ricchi. Chi aiuterebbe i poveri?
JOHN: Ma non vi sarebbero più i…
CAPO: Proprio così John. Nulla deve cambiare. Le persone contano sulla loro povertà, fanno affidamento sulla loro miseria. Vuoi togliere a quei poveracci anche la fiducia?
JOHN: No, ma infatti io…
CAPOE allora dobbiamo aiutare.
JOHN: Ah, per un attimo avevo pensato…
CAPO: Aiutare i ricchi! Di qualunque razza, età, sesso e religione.
John guarda il Capo sconvolto.
CAPO: Che c’é John, non sei d’accordo?
JOHN: Beh, penso che possa esserci un’alternativa.
CAPO: Cosa aspetti a dircela?
JOHNÈ che non é molto…
GIOIA: Dai John, dicci la tua.
JOHN: Non vorrei che…
FEDE: John, non temere, noi ti ascoltiamo.
JOHN: Ecco, io pensavo questa cosa. Noi dovremmo tornare a guardare più da vicino i bisogni delle persone. (Alzati) Certo, noi prendiamo i soldi a chi ne ha di più e in qualche modo diamo questa eccedenza a chi non ne ha. (Invoca il tuo Dio)
GIOIA: E questo non é bene?
JOHN: Sì. Cioé, non lo so neanche più se è bene. (Alzati) È bene che pochi continuino ad avere quanto serve a molti per vivere? (Invoca il tuo Dio) Ma il problema credo che non sia neanche questo. (Alzati) Siamo sicuri che ciò di cui le persone hanno bisogno siano soldi? (Invoca il tuo Dio) A me sembra che se davvero una crisi c’è, non sia economica, ma sociale. (Alzati) Sono le relazioni tra gli uomini a essersi immiseriti, non solo il loro conto in banca. (Invoca il tuo Dio)
CAPO: Uhm… Teoria affascinante, John, ma noi non vendiamo relazioni, quello lo fanno i social network.
JOHN: Forse dovremmo smettere di vendere quello che facciamo e… non lo so, regalarlo.
Tutti tranne Federica si voltano con aria disillusa. Federica sorride compiaciuta.
TUTTI: Seee.
JOHN: Vabbé, nel senso di mostrare un po’ di generosità gratuita, un aiuto disinteressato agli altri. Facciamo la carità per profitto. Tutto quello che facciamo lo facciamo per profitto. Non ci divertiamo neanche più. Prima o poi la tempesta doveva scatenarsi. Non vi sembra normale?
FEDE: E quindi noi non possiamo farci nulla?
GIOIA: La Nave è destinata ad affondare?
JOHN: Io penso che la Nave possa salvarsi, ma dobbiamo aprirci. È inutile chiudersi in difesa da nemici esterni che non esistono.
Tutti tranne John applaudono.
CAPO: Ben detto John. Fuori non vi sono nemici.
Tutti tranne John e il Capo applaudono
CAPOI nemici sono dentro!
Tutti tranne John e il Capo applaudono.
CAPOÈ evidente che qualche dannata spia ha venduto alla concorrenza i nostri segreti di marketing.
Tutti tranne John e il Capo applaudono.
7 Quindi dissero fra di loro: «Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona.
CAPO: Ma io ho ideato un metodo infallibile per scovare la causa di tutti i nostri problemi.
Tutti tranne John e il Capo applaudono.
Il Capo prende in mano quattro pagliuzze.
CAPO: Ognuno di voi prenderà una pagliuzza. Chi pescherà la pagliuzza corta sarà evidentemente il colpevole.
JOHN: Non mi sembra un metodo molto… scientifico.
GIOIA: Hai forse qualcosa da nascondere?
JOHN: Ma che cosa dici.
GIOIAE allora pesca come fanno tutti.
CAPO: Pescate.
Tutti tranne il Capo pescano simultaneamente una pagliuzza.
JOHN: Ho pescato la pagliuzza corta…
GIOIA: Lo sapevo che nascondeva qualcosa.
JOHN: Ma è solo una stupida pagliuzza.
FEDE: Non preoccuparti John, stanno scherzando.
8 Gli domandarono: «Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?».
CAPO: Qui non si scherza John. (Per causa di chi questa sciagura?) Non è una questione di pagliuzze. (Qual è il tuo mestiere) Ormai ti abbiamo smascherato. (Da dove vieni?) Tu sei un buono (Qual è il tuo paese?) E sappiamo bene i buoni che fine fanno. (A quale popolo appartieni?)
JOHN: Ahahah.
CAPO: Non c’è niente da ridere. Le tue idee sdolcinate ti faranno colare a picco e trascinerai la nave a fondo con te. Cosa hai da dire?
9 Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra».
JOHN: Non vedo perchè tutto questo astio. (Che cosa hai fatto?) Io parlo di buoni sentimenti. (Che cosa hai fatto?) Parlo di come uscire tutti insieme dalla crisi. (Che cosa hai fatto?) Parlo di un’economia al servizio dell’uomo. (Che cosa hai fatto?) E di maggiore umanità nei servizi. (Che cosa hai fatto?) Parlo di coerenza… (Che cosa hai fatto?)
10 Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato.
Tutti tranne Fede lo guardano male. Fede sorride.
CAPO: Ma quello è il mondo della favole.
GIOIA: Nella vita vera funziona diversamente.
FEDERICA: Bisognerebbe convincere anche qualcuno ai livelli alti.
CAPO: Impossibile, quando si sale alla politica bisogna per forza scendere a compromessi.
GIOIA: Sì, valle a dire ai politici queste belle parole. Valle a dire a Ninive!
FEDERICA: (entusiasta) Sììì, vai a Ninive e dì tutto.
JOHN: No! A Ninive no!
CAPOE allora risparmiacele pure a noi, tu che neanche parli con tuo padre.
Tutti lo guardano con aria delusa.
JOHN: Vabbè, che c’entra, poi non è che non ci parlo…
11 Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più.
GIOIA: Normale che le cose vadano male in azienda.
FEDE: (sorride) Tu sei l’idealista.
CAPO: I tuoi sono concetti astrusi. (Cosa dobbiamo fare di te?) Ognuno di noi dà il meglio. (Cosa dobbiamo fare di te?) Cerca di evitare gli sbagli e fa tesoro di quelli commessi. (Cosa dobbiamo fare di te?) Ma tocca anche sopravvivere. (Cosa dobbiamo fare di te?) John, dimmelo tu. (Cosa dobbiamo fare di te?) Cosa ne dobbiamo fare di te? (Cosa dobbiamo fare di te?)
12 Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia».
JOHN: (dissimula l’offersa con falso stoicismo) Me ne vado. (Gettatemi in mare) Me ne vado. (Gettatemi in mare) Colpa mia. (Gettatemi in mare) Vi ho ingannato. (Gettatemi in mare) Dovevo essere più coerente fin dall’inizio. (Gettatemi in mare) Così avreste assunto qualcuno con le caratteristiche giuste. (Gettatemi in mare)
13 Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano perché il mare andava sempre più crescendo contro di loro.
CAPO: Eh, ma adesso non basta, anche se ti licenziamo ormai siamo in piena tempesta economica, la recessione e il fallimento sono alle porte, sarebbe inutile.
GIOIA: Impicchiamolo!
John si ritrae spaventato.
14 Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di questo uomo e non imputarci il sangue innocente poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere».
CAPO: Noi abbiamo sbagliato, John, ma abbiamo capito l’errore, e tu ci farai perdonare, con un gesto eclatante, un’ultima diretta, capisci, è necessario sacrificare qualcuno se vogliamo continuare ad aiutare gli altri.
15 Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia.
GIOIA: Andiamoci a preparare, ragazzo.
Federica si avvicina con aria dispiaciuta a John e gli mette una mano sulla spalla.
FEDE: John…
John guarda triste Federica, le leva la mano dalla sua spalla ed esce di scena con Gioia.
16 Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti.
FEDE: (al Capo, agitata) Lo stiamo gettando nel mare dell’informazione, in pasto ai mass media.
Il Capo annuisce. Federica esce di scena arrabbiata e sbuffando. Il Capo torna a guardare davanti.
CAPO: Che danno per cena?
SCENA TERZA
Personaggi: John, Padrona di casa
Capitolo 2
1 Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.
Spazio musicale. (3’’)
Interno casa di John. Ci sono solo poche cassette o scatole. Su una cassetta c’è un pesce rosso in una boccia, davanti alla boccia un’altra cassetta vuota. Poggiato per terra a una certa distanza dalla cassetta vuota c’è un cellulare. Per terra vicino alla cassetta vuota una radio accesa.
Sullo schermo la faccia di John appena sveglio, assonnato, un po’ imbambolato, ripete meccanicamente la sua confessione. Al termine lo sfondo mostra una finestra con fuori il paesaggio di periferia urbana decadente (S3S1 -Scusa + Periferia).
JOHN: (reg.) Io volevo chiedervi scusa, di tutto, di tutto quanto è stato, è e sarà. Sarei dovuto essere diverso da quello che sono e più coerente con me stesso. Per questo mi assumo tutta la colpa. Se qualcuno ha sbagliato quello sono io. Solo io. Solo.
John entra in scena, trasandato, e va a sedersi sulla cassetta vuota e si mette a fissare il pesce nella boccia con i gomiti sulle ginocchia.
Lo sfondo mostra una finestra con fuori il paesaggio di periferia urbana decadente.
La radio è accesa.
JOHN: Scusa… Scusa un cazzo.
RADIO: Siete tristi? Avete perso il lavoro? La ragazza vi ha lasciato? Noi abbiamo il rimedio a tutti I vostri problemi! E il rimedio è…
La radio dà segni di malfunzionamento e non si sente più.
John guarda la radio e gli dà qualche colpetto con la mano.
La radio si riaccende.
RADIO: …Credici!
John spegne la radio deluso.
La luce va e viene lentamente per tre volte.
JOHN: (nervoso) Che palle!
2 Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio
3 e disse: / «Nella mia angoscia ho invocato il Signore / ed egli mi ha esaudito; / dal profondo degli inferi ho gridato / e tu hai ascoltato la mia voce.
JOHN: Almeno qualcuno mi cagasse…
Una busta da lettere grande scivola nella scena. John si alza a raccoglierla, poi si risiede a leggere.
ZIO (VFC): (reg.) Caro Gionne, ti penserai che il tuo vecchio zio è solo un brontolone, ma quando ti sei vissuto a lungo come me, credi che le cose durano per sempre. Ma le cose, Gionne, non durano per sempre, e quando tu ci credevi, ma una cosa finisce, ti viene voglia di lamentarti. E con chi ti lamenti? Ti viene voglia di lamentarti ti viene con chi questa cosa l’era fatta, l’artefice di questa cosa, e gli dici che non è giusto, che è stupido fare le cose se poi devono finire così presto. Forse è così che deve funzionare, le cose vecchie e inutili devono essere lasciate da parte per fare posto alle nuove.
Questa cosa me l’ha imparata la vita, Gionne, l’ho intesa bene oggi mentre che andavo dal dottore. Qualcosa si è rotto e non si può aggiustare, ho chiesto.
JOHN: (aria angosciata) Sta morendo…
ZIO (VFC): (reg.) Sai Gionne, volevo andare a Ninive, stavo per andarci, ma ho sentito che di questa stagione a Ninive si fa brutto tempo e per il problema che ti sono scritto sopra non me la sento più. Perchè non ci vai tu a Ninive? Poste scritte: siccome ho sentito che ti sono licenziati e adesso ti annoierai, ti sono messo nella busta anche una rivista. Se pensi che le cose vanno male e non si possano risolvere pensa a quando il mio ombrello mi salvò la vita. Quella volta abbiamo andati in Africa…
John si alza sbraitando e infuriato straccia la lettera. Lo Zio alla televisione guarda verso John con aria offesa.
JOHN: No! Hai sentito? Ti ho detto di no! Non ci vado a Ninive. Piuttosto rimango qui a morire di inedia e a… guardare questo stupido pesce.
John si siede e fissa imbronciato il pesce.
JOHN: Cos’hai da guardare? Non hai mai visto un fallito?
4 Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare / e le correnti mi hanno circondato; / tutti i tuoi flutti e le tue onde / sono passati sopra di me.
5 Io dicevo: Sono scacciato / lontano dai tuoi occhi; / eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio.
Parte la suoneria del cellulare.
John prova a prendere il cellulare allungando la mano ma non vi riesce, si allunga con la schiena sempre rimanendo seduto, ma il cellulare è a qualche centimetro di distanza.
John si rimette a sedere e manda a quel paese con la mano.
JOHN: E fai un po’ di silenzio !
La suoneria si interrompe.
JOHN: Uh, hai capito chi comanda.
Il telefono riprende a suonare, ma a volume molto più alto e con una suoneria piu aggressiva, finché John non risponde.
John si alza con aria spaventata e raccoglie il telefono.
JOHN: Ho capito, ho capito. Pronto? Ah. Ciao mamma, sì tutto bene, voi? Bene. Il tempo? Bene. Sì. Ciao.
John abbassa il telefono con aria triste, poi lo riporta velocemente all’orecchio.
JOHN: Mamma! Aspetta un attimo… Ecco… Non lo so, che fate? Ah. Papà sta bene? Uh. Io bene, sì. Lei non lo so mamma, credo bene, mi pare che te l’avevo già detto: ci siamo lasciati. E no che non ci sposiamo più, mamma, ci siamo lasciati. Sì. Sì lo so che era una brava ragazza, ma non sono stato io a lasciarla. Mi ha lasciato lei. Eh, credo per la storia del lavoro, ha detto che non se la sente di sposare un uomo senza carattere. Come quale storia? Ma sì che te l’avevo detto: mi hanno licenziato. Non è che non ti dico mai niente, mamma, è che non potevo chiamarti. Ma che troppo impegnato, sono disoccupato. No, ho finito il credito. E se potevo ricaricare lo facevo, ma non ho più un soldo, mi hanno pure pignorato i mobili a casa. Guarda, guarda. Guarda per modo di dire, mamma. Certo che non puoi vedere, lo so. Senti mamma mi si sta scaricando il cellulare. Sì, lo metto in carica, sempre che non mi staccano la luce, che va e viene. Sì mamma. Ciao mamma. Ciao ciao.
John mette il telefono in tasca.
La luce va e viene lentamente per tre volte.
John si risiede e torna a guardare rassegnato il pesce.
JOHN: Beato te che non capisci un cazzo.
John guarda la busta della lettera dello zio, sbuffando la raccoglie e si mette a sfogliarla.
JOHN: Toh guarda, c’è un articolo che parla di te. Senti che dice.
“Diversamente da quanto si pensa, il pesce della specie Carassius auratus auratus, il comune pesce rosso, non ha una memoria che dura pochi secondi. In realtà è stato dimostrato, grazie a una ricerca della School of Psychology all’Università di Plymouth nel 2003, che i pesci rossi hanno una memoria che dura all’incirca tre mesi. Durante il test è stato insegnato ai pesci a spingere una leva per ricevere il cibo; più avanti i ricercatori hanno tarato la leva in modo che questa funzionasse una sola volta al giorno in un preciso momento: i pesci sono stati ugualmente in grado di azionare lo strumento in questione e procurarsi il mangime. Questo ed altri test, oltre ad aver verificato la capacità memonica dei pesci, ha anche rilevato in questi animali un certo grado di intelligenza”.
Sentito? Sei praticamente un genio.
6 Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, / l’abisso mi ha avvolto, / l’alga si è avvinta al mio capo.
7 Sono sceso alle radici dei monti, / la terra ha chiuso le sue spranghe / dietro a me per sempre. / Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, / Signore mio Dio.
John torna a guardare la rivista, poi la arrotola e guarda pensieroso il pesce.
JOHN: Però anche tre mesi non è male. Voglio dire, se la memoria dura solo tre mesi ogni tre mesi comincia una nuova vita. Il mondo riparte a ogni nuova stagione. Hai fatto una cazzata? No, mettiamo pure la madre di tutte le cazzate. Tranquillo, tempo tre mesi e non se lo ricorda più nessuno, hai la fedina penale pulita e soprattutto la coscienza a posto.
Le luci calano piano su John e si focalizzano sul pesce nella boccia.
JOHN: Vorrei vivere come un pesce in un mondo di pesci. Invece sono condannato a ricordare e condannato dalla memoria degli altri. Cosa ci vuole perché una persona segnata dalla vergogna torni a essere una persona rispettabile? Ma poi mi accontenterei di essere una persona rispettabile? Io nella vita volevo essere felice.
Brano musicale “Il Pesce”. (1’20’’)
8 Quando in me sentivo venir meno la vita, / ho ricordato il Signore. / La mia preghiera è giunta fino a te, / fino alla tua santa dimora.
JOHN: Ci vorrebbe qualcosa che venisse a cambiare drasticamente la mia vita.
John guarda la lettera stracciata dello zio.
ZIO (VFC): (reg.) A Ninive a zio, a Ninive.
John urla verso il cielo.
JOHN: No! A Ninive no! No, mi hai sentito? Nooo!
9 Quelli che onorano vane nullità / abbandonano il loro amore.
10 Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio / e adempirò il voto che ho fatto; / la salvezza viene dal Signore».
11 E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto.
Suona il campanello della porta.
John si ricompone.
JOHN: Erhm… Sì?
PADRONA (VFC): (reg.) John, sono la padrona di casa. Ti ho sentito urlare. Va tutto bene?
JOHN: Sì signora, non si preoccupi. Ma entri pure, le offro… un…
John si guarda attorno cercando qualcosa. La Padrona entra in scena.
JOHN…un niente… ah… una rivista!
John raccoglie la rivista dello zio.
JOHN: Gradisce una rivista?
PADRONA: Ehm… Grazie.
La Padrona prende la rivista e comincia a sfogliarla guardando di tanto in tanto John.
John annuisce e ondeggia sui piedi.
JOHN: Signora, mi doveva dire qualcosa?
PADRONA: Sì. Sì. Assolutamente.
La Padrona arrotola la rivista e la stringe tra le mani.
JOHN: Dica pure. Tanto ormai sono pronto a tutto…
PADRONA: John, tu sai che io ti voglio bene…
John sgrana gli occhi e si illumina in volto.
JOHN: Davvero? Mi vuole bene?
La Padrona assume aria spaventata e imbarazzata. John le si avvicina e la prende per le spalle.
JOHN: Qualcuno mi vuole bene!
La Padrona picchia John in testa con la rivista arrotolata.
PADRONA: Giù le mani razza di screanzato.
John, piegato, si tiene la testa con le mani e guarda la Padrona.
PADRONA: Comunque ci sono altre persone che ti vogliono bene.
John si ricompone.
PADRONA: O per lo meno che si interessano a te.
John assume aria interrogativa.
PADRONA: È venuta a cercarti in portineria una ragazza.
John si agita.
JOHN: E… com’è?
PADRONA: Carina.
JOHN: Sì, va bene, ma come…
PADRONA: Mmm… più o meno della tua età, molto gentile, dolce ed educata.
John si agita ancora di più .
JOHN: E… dove… dov’è adesso?
PADRONA: È andata via. Gli ho detto che non ero in casa.
JOHN: Ma perché?
PADRONA: Perché mi hai detto che non volevi vedere nessuno.
John piega le spalle deluso.
JOHN: Sì, va bene, non fa niente…
PADRONA: Però ha lasciato un biglietto per te.
La Padrona tira fuori un biglietto piegato e lo dà a John. John lo prende e lo spiega.
FEDERICA (VFC): (reg.) Caro John, sono Fede, quella del call-center.
JOHN: (deluso) Oh, non è la mia ragazza…
PADRONA: Ma non vi eravate lasciati?
John guarda male la Padrona, che abbassa lo sguardo imbarazzata.
PADRONA: Ehm… inavvertitamente ho sentito che…
John lancia un’ultima occhiataccia alla Padrona e poi ritorna a leggere.
FEDERICA (VFC): (reg.) Caro John, sono Fede, quella del call-center. Volevo dirti che mi dispiace per come sei stato trattato alla Nave. Penso che le parole che hai detto siano molto belle: è vero, c’è bisogno di credere di più nella bontà, del genere umano e anche nella propria. Tu sei una persona buona John e devi essere orgoglioso di questo. Certo, sappiamo tutti i buoni che fine fanno… Ma tu sei stato molto coraggioso ad assumerti anche colpe che non sono tue. Insomma, rimani come sei. So che sei fidanzato, stai per spostati e sei un bravo ragazzo, ma se vuoi fare due chiacchiere o andata bere qualcosa ti scrivo qui il mio numero.
John continua a fissare il foglietto anche dopo aver finto di leggere.
PADRONA: Coff coff…
John si riprende, dà attenzione alla Padrona, ripiegare il biglietto e lo mette in tasca.
JOHN: Sì?
PADRONA: Ti stavo dicendo che anche se mi stai simpatico e credo che tu sia un bravo ragazzo, non possiamo più andare avanti in questi modo.
JOHN: Non andiamo poi così male.
PADRONA: No John, tu non vai male, vai peggio. Guardati, sei ridotto uno straccio. Uno di quegli stracci da meccanico consumati e sporchi di grasso nero, cosi lurido e cencioso che persino il grasso da motori ha schifo di toccarlo, così unto e lercio che neanche una carogna di cammello…
JOHN: Ehm… Sì, grazie, credo di aver afferrato il concetto.
PADRONA: Ma soprattutto, John, hai saltato un altra rata dell’affitto, come la mettiamo?
JOHN: Non lo so, la mettiamo da parte e pensiamo alla prossima?
John sorride mostrando i denti.
PADRONA: No John, questa volta no.
JOHN: Ma perché no? Cos’ha questa volta di diverso dalle altre volte?
PADRONA: Che è l’ultima di una lunga lista.
John assume un’aria offesa.
JOHN: Sarà la terza o quarta al massimo.
La Padrona lo guarda rabbuiata per qualche istante.
JOHN: D’accordo, è che sto attraversando un momento un po` così.
La Padrona lo guarda rabbuiata per qualche istante.
JOHN: Un lungo momento… Ma pagherò tutto.
PADRONA: SÌ, e con quali soldi hai intenzione di farlo?
JOHN: Beh, ho mandato dei curriculum, fra poco dovrei riprendere a lavorare.
La Padrona lo guarda rabbuiata per qualche istante.
JOHN: Va bene, siamo realisti: me li farò prestare.
PADRONA: E da chi? Che neanche parli con tuo padre.
JOHN: Ma non è vero che non parlo con… (a tono di voce alto) Oh, ma cosa vi è preso a tutti? Saranno pure fatti miei con chi voglio parlare? E poi ho detto che pagherò e pagherò!
La Padrona lo guarda rabbuiata per qualche istante.
JOHN: Non avrebbe per caso da prestarmi qualcosa…
PADRONA: Aaahhh, John, che ti dicevo? Sei ridotto male.
John assume aria contrita.
JOHN: Sì…
PADRONA: Ti sei incastrato in questo vortice negativo.
JOHN: Sì…
PADRONA: Sei bloccato nel tuo vittimismo.
JOHN: Sì…
PADRONA: E io devo pensare anche ai miei affari.
JOHN: Sì…
PADRONA: Per cui devo mandarti fuori di casa.
JOHN: Sì… (prende coscienza e scatta agitato) No!
PADRONA: Sì John, te l’ho detto, ti voglio bene ed eri un collega di mia sorella, per cui farò finta che quest’ultimo periodo tu sia stato mio ospite, ma ho bisogno che lasci libero l’appartamento.
JOHN: Ma…
PADRONA: Ho già trovato dei nuovi inquilini: una giovane coppia di sposi. (sorride commossa) Sono così carini.
John guarda la Padrona rabbuiato per qualche istante. La Padrona allunga la mano per accarezzare la guancia di John e sorride.
PADRONA: Vedrai, verrà anche il tuo momento.
JOHN: Ma nel frattempo dove andrò a stare?
Mentre la Padrona parla, il volto di John si illumina.
PADRONA: Beh, io avrei una piccola casetta, è un po’ malandata, in una posizione un po’ scomoda e non si trova in città, ma questo secondo me è un bene, così avrai modo di cambiare aria, fare altre esperienze, conoscere nuova gente.
JOHN: Certo! Fantastico! E dove si trova questa casetta?
PADRONA: A Ninive!
John guarda verso l’alto e impreca silenziosamente.
La luce va e viene lentamente per tre volte, poi si spegne definitivamente.
Brano musciale “Ninive”. (3’)
SCENA QUARTA
Personaggi: John, Sindaco, Passante, Sarto, Teppista
Capitolo 3
1 Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore:
2 «Alzati, va’ a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò».
Brano musciale “Ninive” in continuità con la scena precedente.
Lo sfondo riproduce una strada di periferia: lampioni, cassonetti, auto, ecc (S4S1 – Strada Notte).
Il palco rappresenta una strada di periferia: ci sono dei secchioni, delle cartacce, un muretto ecc.
Sul palco ci sono tre persone (Passante, Sarto e Teppista), cittadini di Ninive con le facce torve e poco raccomandabili.
John entra in scena portando in mano la cartina piegata (ha la rivista in una tasca) e si muove con circospezione guardando diffidente gli altri.
Poco per volta gli altri personaggi escono di scena e lasciano John da solo.
3 Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino.
John comincia a spiegare una cartina della città. La cartina è enorme e John è costretto a metterla per terra per poterla aprire tutta. Dopo averla aperta la guarda per qualche istante in silenzio.
JOHNÈ assurdo!
Il Passante entra in scena e si mette anche lui a fissare la cartina da dietro le spalle di John.
JOHN: A piedi ci vorranno almeno due giorni…
PASSANTE (grida) No!
John si gira di scatto spaventato, cade a terra reggendosi il petto e guardando il Passante. Ansima forte. I due si guardano qualche istante.
JOHN: (adirato) “No” cosa?
PASSANTE: Non due.
John scuote la testa non capendo.
PASSANTE: Lo sanno tutti che Ninive si estende per tre giorni di cammino.
John si rialza e si sistema i vestiti.
JOHN: (con aria scocciata) Ehm, sì, grazie per la precisazione.
John dà le spalle al Passante e si rimette a fissare la cartina borbottando. Il Passante guarda da dietro le sue spalle.
PASSANTE: Eh sì.
John lentamente si gira scocciato verso il Passante, il quale continua a guardare la cartina senza guardare John.
JOHN”Sì” cosa?
PASSANTE: Beh, lei stava pensando “Ninive è proprio una città imponente, vero esempio di magnificenza e vera capitale della civiltà”, e quindi: Sì, ha proprio ragione.
Il Passante sorridendo soddisfatto.
JOHN: Veramente stavo pensando: che cavolo ci sono venuto a fare in questa città di me…
PASSANTE (parla sopra John) Meravigliosa ambivalenza.
John guarda il Passante dubbioso e incuriosito.
PASSANTE: Ninive è una città odiosa. Ma sa farsi amare. Qui si può morire in piena luce in una piazza affollata. E vivere tutta la vita soli all’ombra dei vicoli. Benvenuto a Ninive, dove ogni via è la via larga e le porte strette sono un lusso. A Ninive ci sono le porte dell’inferno. E la scala che porta in paradiso. Ninive è il bene e il male.
John scuote la testa.
JOHN: Bah! Io tutta questa ambivalenza non la vedo. Io vedo solo male.
PASSANTEE allora che c’è venuto venuto a fare?
JOHN: Me lo sto chiedendo anche’io…
PASSANTE: No, sul serio, lei cosa è una specie di turista forzato? Le hanno venduto un pacchetto vacanze truffa?
JOHN: Più che un turista sono un missionario.
PASSANTE: Guardi che il terzo mondo è un po` più a sud.
JOHN: Sono in missione per conto di mio zio.
Il Passante guarda John perplesso.
PASSANTE: Sono molto impressionato. Chi è suo zio, il presidente?
JOHN: A suo dire uno che ci capisce di più. Comunque è una situazione complicata, mi ha chiesto un favore e… quindi eccomi qui.
PASSANTE: Bene, e ora cosa ha intenzione di fare?
4 Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».
JOHN: Ah, non lo so, devo convincere questa gente a migliorare la loro esistenza e a essere più giusti.
PASSANTE: Ahahahah
John guarda il Passante impassibile. Il Passante si ricompone imbarazzato.
PASSANTED’accordo, non era una barzelletta.
JOHN: No, è probabilmente l’ultimo desiderio di un povero vecchio che mi ha sempre voluto bene.
PASSANTE: Ragazzo, non so chi sia suo zio, ma l’ha ingannata: la gente di Ninive è malata dentro, malata del suo dover vivere a metà e ostentare il doppio. Lei si dato un compito troppo grande. Non può convertire Ninive.
JOHN: Lo so, fosse per me vorrei vederla distrutta oggi stesso.
PASSANTE: Eehh. Oggi mi sembra esagerato.
JOHN: Era tanto per dire. Comunque gli do un mese al massimo.
Il Passante assume aria preoccupata.
PASSANTE: Ma fra un mese viene a trovarmi mia sorella con i nipotini.
JOHN: Bello, e quanto si fermano?
PASSANTE: Penso circa una settimana.
JOHN: E allora facciamo che Ninive viene distrutta tra quaranta giorni, eh?
Il Passante sorride.
PASSANTE: Grazie (con aria terrorizzata) Ninive verrà distrutta tra quaranta giorni? Oh mio Dio!
Il Passante fugge fuori dalla scena. John lo guarda interdetto, poi sorride.
JOHN: E non dimenticare di convertirti.
JOHN: Ahahah, così è troppo facile.(Sarà distrutta) Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta. (Sarà distrutta) Magari. Certo che Ninive è grande. (Sarà distrutta) Questo può essere un problema. Tre giorni di cammino… (Sarà distrutta) Se mi sbrigo domani sono in centro. (Sarà distrutta) Mica posso andare in giro a gridare “Ancora trentanove giorni e Ninive sarà distrutta”. (Sarà distrutta) Non suona bene. Vabè, ci penserò domani. (Sarà distrutta)
Entra in scena il Sarto che si guarda preoccupato alle spalle, poco dopo lo segue con l’aria di chi ha cattive intenzioni. Il Sarto si ripara dietro John, il Teppista si ferma davanti a lui con aria sfrontata e di sfida.
John guarda entrambi senza capire (gioco di sguardi), poi proclama con enfasi.
JOHN: Cessate ogni vostra azione! Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!
Il Sarto e il Teppista lo guardanano con sospetto, come se fosse un pazzo. Il Sarto si avvicina al Teppista ed entrambi lo fissano.John rimane bloccato in posa enfatica.
JOHN: A… avete capito? Ninive verrà distrutta.
SARTO: Cioè?
JOHN: Cioè… distrutta!
I Cittadini guardano John perplessi.
JOHN: Sapete: esplosioni, cieli oscurati…
Durante il dialogo dei Cittadini, John continua a parlare tra sé e sé.
SARTO: (al Teppista) Sarà distrutta.
TEPPISTA: (al pubblico) Sarà distrutta!
SARTO (sconvolto, fissa il vuoto) Sarà distrutta…
TEPPISTA: Non può essere vero.
SARTO: No, non può esserlo
JOHN: (rivolto stancamente ai Cittadini) Ninive sarà di-stru-tta! Capito? Morte, distruzione e cose del genere.
SARTO: Non hanno ancora fatto un vaccino?
TEPPISTA: Senti, non si capisce facci degli esempi.
JOHN: Ecco… degli esempi?
SARTO: Sì, cosa accadrà?
JOHN: (tra sè e sè) Ehm… vediamo se ricordo qualcosa del catechismo… (con aria sicura rivolto al Sarto e al Teppista) Contro Ninive saliranno molti popoli, come salgono le onde del mare. (Sarà distrutta) Ed essi distruggeranno ogni muro e ogni grattacielo. (Sarà distrutta) Non rimarrà più nulla di quella che un tempo era Ninive (Sarà distrutta) Il vento spazzerà via la sua polvere, diventerà una roccia nuda. (Sarà distrutta) Ma prima i predoni faranno bottino di tutte le ricchezze. (Sarà distrutta) Mineranno l’economia, abbatteranno le vostra sicurezze. (Sarà distrutta) Distruggeranno le vostra belle case e getteranno nelle fogne tutta la gloria di Ninive. (Sarà distrutta) E Ninive non sarà più riedificata!
Qualche attimo di silenzio.
TEPPISTA: Cazzo che roba.
SARTO: Fico, sei una specie di scrittore di fantascienza?
TEPPISTA: Mi fai un autografo?
JOHN: Ma quale autografo? Vi ho preannunciato una catastrofe, ma volete rifletterci un po` sopra?
SARTO: Hai ragione. Sì, riflettiamoci sopra.
Il Sarto e il Teppista assumono aria riflessiva.
SARTO: Ninive verrà distrutta a breve…
Il Sarto e il Teppista si guardano e sorridono.
TEPPISTA: E allora spassiamocela!
JOHN: No! No! Così è tutto sbagliato!
TESPPISTA: Perché? Se tanto tra poco finirà tutto tanto vale divertirsi.
SARTO: Sì, finché siamo ancora in tempo.
JOHN: Voi non dovere pensare a divertirvi, ma… riflettere sui vostri errori e… cambiare!
SARTO: Tu vuoi farci cambiare? Potevi dirlo subito.
TEPPISTA: Ti avremmo risparmiato la fatica.
SARTO: Vieni con noi, ti spieghiamo un po` Ninive.
Brano musicale “Il Bene e il Male”. Ripetizione flauto “Il Pesce”. (15’’)
I Cittadini e John si girano a guardare lo sfondo.
Sullo sfondo compaiono delle fotografie ambivalenti scattate all’interno di una grande città (S4S2 – Ninive).
Si abbassa il volume del pezzo musicale e parte lo squillo di cellulare.
John tira fuori il cellulare, guarda il numero, dubbioso.
JOHN…4389…
John si agita. Tira fuori dalla tasca un foglietto piegato e lo spiega con una mano mentre continua a guardare il cellulare.
JOHN: Sì, è quello!
John risponde al telefono.
JOHN: Pronto! Fede? Sì… Sì! Fede? Federica? Non ti sento, qui c’è un casino. Fede non… non ti sento.
John guarda il cellulare, scuote la testa, rimette in tasca il cellulare e torna a guardare lo sfondo.
Riparte la musica. (“Il Pesce” 2’15’’)
5 I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo.
JOHN: Basta! Basta!
Si interrompe il brano musicale. (“Il Pesce 3’15’’)
TEPPISTA;: Convinto che qui non riuscirai a far cambiare nulla?
JOHN: Sì. Sì è vero, io non posso portare nessun cambiamento. (Credettero a Dio) Questo è il caos puro. Un male finisce perché un altro male abbia inizio. La notte cede il passo a una notte più scura. La falsa felicità si compra a peso dai venditori di speranza e la moneta é l’oppressione di altri esseri umani. L’indifferenza é il frutto bacato della generosità e il silenzio l’ultimo figlio deforme dell’onestà. Tanto che anche un suicidio camuffato in tanti modi può sembrare una buona via di salvezza dalle prigioni dell’anima. (Credettero a Dio) Io conoscevo già la verità: Ninive verrà distrutta perché non merita altro. Perché la sua gente non avrà mai il coraggio di accettare la sua vita, di prostrarsi di fronte alla propria miseria, svestire i lussuosi abiti dell’ipocrisia per vestirsi di ruvido sacco e cospargersi il capo di cenere! Io non ne ho il coraggio… (Credettero a Dio)
John cade in ginocchio disperato. Il Sarto e il Teppista rimangono qualche istante in silenzio.
SARTO: (pensieroso) Sacco e cenere hai detto?
JOHN: (con aria distratta e sconsolata) Sì, vestiti di sacco e cenere sul capo, è un modo di dire.
SARTO: (entusiasta) Sacco e cenere!
JOHN: Sì, è…
SARTO: (al Teppista) Sacco e cenere!
TEPPISTA: Che ficata.
John si alza e guarda sospettoso il Sarto e il Teppista.
JOHN: Mi state prendendo in giro?
TEPPISTA: Macché.
SARTO: Sai dove possiamo trovare del sacco e della cenere?
JOHN: No, boh, ma che ne so, chiedere in giro.
Il Sarto e il Teppista si agitano e vanno verso il fuori scena rivolgendosi a John.
TEPPISTA: Sacco e cenere! Che ficata!
SARTO: Sei un genio amico, un genio!
TEPPISTA: Andiamo! Saremo i primi!
John guarda perplesso il Teppista e il Sarto uscire di scena.
JOHN: Sono impazziti…
6 Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere.
Il Sindaco di Ninive entra in scena con estrema circospezione dalla parte opposta da cui sono usciti il Sarto e il Teppista, trascina un grosso sacco e cammina all’indietro guardando preoccupato nella direzione da cui è venuto.
John sbatte le mani sui fianchi e scuote la testa.
JOHN: Non c’è proprio speranza…
Andando a ritroso il Sindaco va a sbattere alla schiena di John. John sobbalza e si gira. Il Sindaco lascia andare il sacco e alza le braccia.
SINDACO: Prendi tutto, ma non uccidermi, non sapevo fosse minorenne, giuro che non era truccato l’appalto!
JOHN: Che… cosa dovrei prendere?
Il Sindaco si gira verso John.
SINDACOI soldi, che altro esiste? Non sei un rapinatore?
John sorride sorpreso.
JOHN: Capo!
John si avvicina con veemenza al Sindaco per salutarlo. Il Sindaco alza le braccia spaventato.
SINDACO: Prendi tutto!
JOHN: Capo, ma cosa dice? Sono io, John!
SINDACO: Quindi non sei un rapinatore? Allora scusami ma ho da fare.
Il Sindaco riprende a trascinare il sacco.
JOHN: Aspetti Capo, magari può aiutarmi.
SINDACO: Ascolta ragazzo, non sono il tuo capo, non sono più il capo di nessuno: mi sono appena dimesso.
John passa perplesso lo sguardo dal volto del Sindaco al sacco più volte.
SINDACO: Sono… ero il Sindaco di Ninive e sto portando… in salvo le casse comunali.
JOHN: Ah, lei è il Sindaco di Ninive, allora deve essere il fratello del mio capo. Certo che la somiglianza è notevole.
SINDACO: Così tu sei uno degli schiavi di mio fratello?
JOHN
Dipendente… Sì, dipendente. Veramente ex-dipendente.
SINDACO: Sì, beh, una vera tragedia, ora se vuoi scusarmi…
JOHN: Ma dove va così di fretta?
SINDACO: Il più lontano possibile da qui. Non hai sentito? Fra quaranta giorni Ninive verrà distrutta!
John sorride beffardo.
JOHN: Guardi che quella è solo una storiella che mi sono inventato io.
Il Sindaco guarda John sospettoso.
SINDACO: No, ragazzo, ormai lo dicono tutti e sono in politica da abbastanza tempo per sapere che se tutti dicono una cosa, conviene che le cose stiano in quel modo.
JOHN: Ma non ho capito perché fugge. È la sua città, non prova neanche a salvarla?
SINDACO: Salvare Ninive? È l’elettorato come te che rovina i buoni politici come me. Salvare Ninive. Tsk.
Il Sindaco si siede sul sacco con aria sconsolata.
SINDACOE come?
John si siede per terra accanto al Sindaco.
JOHN: Potreste pensare a una politica più attenta ai bisogni delle fasce deboli della popolazione.
SINDACO: Sì, e con quali soldi. No, ci vuole qualcosa di più pratico.
John riflette per qualche istante.
JOHN: Potreste mettere in pratica dei progetti di maggior integrazione delle minoranze e di recupero sociale.
SINDACO: Sì, e chi me lo dà il consenso della giunta? No, ci vuole qualcosa di più fattibile.
John riflette per qualche istante.
JOHN: Potreste attuare una serie di interventi…
SINDACO: Sì, e con quali persone?
JOHN: Ma non ho ancora detto niente!
SINDACO: No, ci vuole qualcosa di più semplice.
John riflette per qualche istante. Fa per dire qualcosa al Sindaco, poi ci ripensa e si rimette a guardare davanti a sè. Il Sindaco lo guarda, John si gira, fa per parlare ma poi scuote la testa disilluso. Il Sindaco lo invita a parlare con dei cenni della testa. John fa un sospiro e assume aria rassegnata, mentre torna a guardare davanti parla.
JOHN: Sacco e cenere…
Il Sindaco si illumina in volto.
SINDACO: Come?
JOHN: Vestitevi di sacco e cospargetevi il capo di cenere: un gesto semplice, economico e di sicuro effetto sulla popolazione…
SINDACO: Fantastico! Lo faccio subito! Anzi, ho un’idea migliore.
7 Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: «Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. 8 Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani.
9 Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo?».
Il Sindaco si alza in piedi, prende dalla tasca un cellulare, compone un numero e attende risposta.
SINDACO: Carissimo! Sono il Sindaco. Certo che sono ancora in carica.
Il Sindaco copre il telefono con la mano e si rivolge a John.
SINDACOÈ il mio addetto stampa. (torna a parlare al telefono) No, nessuna tragedia, ti dico solo due parole per la prossima campagna, sei pronto? Sacco e cenere! Sì, geniale vero? Sapevo di aver avuto un’idea grandiosa.
John fa una faccia offesa e incredula.
SINDACO: Sacco e cenere. Quale slogan migliore? Dici che è troppo breve? Eh sì il popolino non le capisce subito queste cose. Dove vuoi che lo vada a prendere adesso un editto? Mmm… (rivolto a John) Senti ragazzo, non è che avresti un messaggio un po` più… esteso, chiaro, qualcosa per spiegare alla gente la storia del sacco e della cenere, eh?
John guarda un attimo il Sindaco, poi sospira e prende dalla tasca la rivista.
JOHN: (rivolto al Sindaco) Ha mica una penna?
Il Sindaco cerca nel suo vestito, prende una penna e la passa a John.
SINDACO: Dovrei… un attimo… sì, ecco, prendi.
John comincia a scrivere su una pagina della rivista, che poi passa al Sindaco.
SINDACO: (parla al telefono) Mi senti? Ascolta bene. Uomini e animali, grandi e piccoli, non mangino nulla, non si spostino, non bevano. Tutti si coprano di sacco e invochino la salvezza con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani! Che dici, può funzionare? Magnifico. Voglio la prima pagina.
Il Sindaco chiude la telefonata e si rivolge a John.
SINDACO: Bene, chissà che in questo modo non ci si possa salvare.
JOHN: Farete veramente quello che lei ha detto?
SINDACO: Vedremo, ragazzo mio, vedremo come vanno i sondaggi. Intanto… cos’è che stavo facendo? Boh, mi tornerà in mente. Allora… ci si vede. M raccomando, vota me. In campana. Sacco e cenere. Eheheh.
Il Sindaco esce di scena. John lo guarda uscire e scuote la testa.
JOHN: Non funzionerà mai…
10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
Il Sarto, il Teppista e il Passante attraversano la scena euforici, saltellando e correndo.
SARTO: Siamo salvi!
TEPPISTA: Ninive è salva!
PASSANTE: Non sarà distrutta!
John li guarda uscire di scena.
JOHN: Che tristezza…
John adocchia involontariamente il sacco e allunga la mano per aprirlo e vi sbircia dentro.
Il Sindaco entra in scena a passo svelto.
SINDACO: Fermo tu!
John si ritrae spaventato.
SINDACO: Lo sapevo, era tutto un trucco per rubare i mie sol… i soldi della comunità.
Il Sindaco prende sulle spalle il sacco e fa per uscire di scena guardando male John.
SINDACO: Nz, uno non si può distrarre un attimo…
Il Sindaco esce di scena borbottando.
Brano musicale di giunzione. (2’)
SCENA QUINTA
Personaggi: John, Sarto, Passante, Zio, Fede
Capitolo 4
1 Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito.
John si alza e cammina lentamente e con aria depressa, poi si ferma al centro del palco e guarda il vuoto davanti a sé. Una lunga corda viene gettata in scena; John la guarda con circospezione.
Lo sfondo raffigura delle sagome inerente la pubblicità citata.
PUBBLICITÀ (VFC): Vestiti d’Isacco, by Isacco’s Wear. Un sacchetto di cenere in omaggio! Ospiti speciali della trasmissione, Sacco e Cenere, la coppia dell’anno. Vuoi essere cool senza rinunciare all’igiene? Shampoo alla cenere di pino odoroso. Pentiti anche nei momenti intimi. Sacco igienico Crosty, sei strati di ruvidezza.
Entra in scena il Passante vestito di sacco, lo sorpassa indifferente, poi si ferma e lo squadra.
PASSANTE: Uè pagano, ma come t’addobbi? Quella è roba da antico testamento.
JOHN: Ma guarda come sei vestito tu.
PASSANTE: Scherzi? Il sacco è l’ultima moda a Ninive, chi ha orecchie per intendere…
JOHN: Non avete capito nulla! Non è andare in giro vestiti come degli straccioni che vi farà…
Mentre John parla, entra in scena il Sarto, vestito di sacco, con una fettuccia metrica in mano. Si avvicina a John e comincia a prendergli le misure (girovita, alza le braccia ecc.)
SARTO: Qui ci starebbe bene un bel sacco grigio-polvere di taglio sportivo.
PASSANTE: Forse un sacco giallo-muffa si intonerebbe più con i capelli.
John si libera del Sarto con uno scatto nervoso.
JOHN: (adirato) Cosa diavolo state dicendo!?
Il Sarto e il Passante rimangono interdetti per qualche istante.
SARTO: Preferisci un marrone-vomito?
JOHN: (urla) Lasciatemi in pace!
Il Sarto e il Passante si allontanano spaventati.
JOHN: (urla) Andate via! Sparite!
John tira la rivista dietro al Sarto e al Teppista che escono di scena.
JOHN: (fioco) Sparite… Lasciatemi solo… Voglio morire.
Entra in scena lo Zio, raccoglie la rivista lanciata da John, leggendo passa davanti a John. John lo guarda incredulo.
JOHN: Oh no… Sono già morto…
Lo Zio alza la testa dalla rivista, guarda John e sorride.
ZIO: Ciao Gionne.
Lo Zio torna a leggere la rivista.
JOHN: Zio!?
Lo Zio guarda un po’ scocciato John e gli si mette a fianco.
ZIO: Eh Gionne?
JOHN: Zio perché sei qui?
ZIO: Perché sono attraversato la strada che volevo andare a mangiare.
JOHN: Sì, ma perché ti trovi qui a Ninive?
ZIO: Perché il tempo si è rimesso e allora sono detto “ci vado ora a Ninive a dirgliecene quattro prima che rabbruttisce di nuovo”. Tu invece che ci fai?
JOHN: Gliecene ho dette quattro…
ZIO: E bravo Gionne!
Lo Zio dà una pacca sulla spalla di John.
2 Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per ciò mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato.
JOHN: Bravo un corno! Non è servito a nulla. Te l’avevo detto che sarebbe stato inutile venire fino a qui, fare tutto questo casino. Guardali, ora, i Niniviti, loro sono tutti felici, tutti contenti, ma mica è cambiato niente, continuano a rubare soldi e le possibilità di vivere a chi è più debole.
ZIO: Mah, sono visto due prima vestiti colli sacchi, sembravano un po` scemi, ma…
JOHN: Ma cosa? Vanno in giro a parlare di conversione. Ma ti sembra conversione quella? Hanno preso solo quello che volevano delle mie parole, solo quello che gli facevano comodo. Conversione… Tsk!
ZIO: Non… si sono convetirti?
JOHN: No! C’è un modo giusto e un modo sbagliato di convertirsi. Mica ti puoi convertire così come ti pare a te.
Lo Zio ci pensa su qualche istante annuendo.
ZIO: No?
JOHN: Eh no!
ZIO: No no, è giusto, ma… avevano rimasti indietro e ora hanno venuto avanti, non è bello? Magari non hanno arrivato popio dove volevi tu, però, magari, sono incominciati a…
JOHN: Tsk! Figurati. Comunque per fortuna qualche giorno ancora e qui salta tutto.
ZIO: Ah, chella fesseria dei quaranta giorni, sì, la sono sentita anch’io. Non ci sarai creduto?
JOHN: L’ho detto io…
ZIO: Ma figurati.
JOHN: Quindi tu non pensi che Ninive verrà distrutta?
ZIO: Gionne, a zio, ma ti pare a te che una città così viene giù in quaranta giorni?
JOHNÉ la conclusione più ovvia: hanno cercato la distruzione e ora vengono distrutti. Perché non dovrebbe essere così?
ZIO: Eh… Perché la stupidità dell’omini non è così facile da distruggere e per fortuna le persone sopravvivono a loro stesse. Quindi calmati.
3 Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!».
JOHN: Cioè, mi hai fatto venire qui per mettere a posto una situazione che non ti piaceva e adesso non te ne frega niente?
ZIO: Nono, sei fatto un buon lavoro, sei stato bravo.
JOHN: E grazie al cazzo, ma ero bravo anche a fare il mio di lavoro, ero stimato, potevo fare carriera, potevo aiutare seriamente qualcuno, potevo sposarmi, ho faticato, ho lavorato e adesso guardami, è tutta colpa tua e dei tuoi stupidi suggerimenti di… pietà per il prossimo.
ZIO: Guarda che qui c’hai venuto da solo.
JOHN: Ma io pensavo che stessi morendo.
ZIO: Che peccato, invece sto vivo.
JOHN: Nella tua lettera mi dicevi che stavi morendo.
ZIO: Cosa?
JOHN: Ma sì.
John tira fuori la lettera dello Zio, la spiega e comincia a leggere.
JOHN“Forse è così che deve funzionare, le cose vecchie e inutili devono essere lasciate da parte per fare posto alle nuove. Questa cosa me l’ha imparata la vita, Gionne, l’ho intesa bene oggi mentre che andavo dal dottore. Qualcosa si è rotto e non si può aggiustare, ho chiesto”.
ZIO: Io sarei la cosa vecchia e inutile e tu quella nuova?
JOHN: Beh…
ZIO: Ti piacerebbe. Dicevo del mio ombrello, la vecchia gloria, ti sono mai raccontato di quando mi salvò la vita?
JOHN: Sì zio, mille volte! Parlavi dell’ombrello?
ZIO: Sì, vedi, ne sono comprato uno nuovo. Ah cioè tu pensavi che…
Lo Zio sorride, John trema di rabbia, ha la faccia contratta e protende le mani quasi a strangolare lo Zio. Lo Zio se ne accorge e rimane offeso.
ZIO: Beh, potresti anche essere contento…
JOHN: Ma che c’entra, mica ce l’ho con te per essere vivo.
ZIO: Grazie, troppo buono.
JOHN: Ce l’ho con quelli là, fino ad adesso a fare i loro porci comodi, senza preoccuparsi di niente e di nessuno e adesso si pentono e diventano dei santi, esempio di perfezione e redenzione, con tanta brava gente che si impegna per gli altri. Meglio buttarsi da un ponte se questi sono i risultati del proprio lavoro, adesso quelli ridono, ballano, cantano, fanno festa e gioiscono della loro conversione. Ma su: non è giusto. Voglio morire!
4 Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?».
ZIO (tra sé e sé) Non è giusto…
Lo Zio guarda John per qualche istante.
ZIO (a John) Tu sei un giusto?
JOHN: Sì. Credo di sì…
ZIO: Allora perché non ridi? Che ti manca per essere felice?
JOHN: Ma loro…
ZIO (sorride e dà di gomito) Ti rode eh?
5 Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì un riparo di frasche e vi si mise all’ombra in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città.
JOHN: Oh, ma per favore! Sai cosa penso, che ti stai sbagliando. Hai visto bene la prima volta. Ninive verrà distrutta. E io ho intenzione di godermi la scena in prima fila. Toh, mi piazzo qui e mi godo lo spettacolo, devo solo aspettare che sgancino la bomba atomica o arrivi lo tsunami o il terremoto o gli alieni. E me la godrò tutta, mica può finire così, nessuno mi stima, ma alla fine tanto la ragione sarà mia.
La vedrò distrutta e poi me ne andrò anche io da questo inutile mondo.
John prepara un cappio con una corda trovata per terra.
6 Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.
Trillo di notifica del cellulare.
John interrompere un attimo di fare il cappio, poi finisce il nodo e prende il cellulare. Mentre lo guarda si illumina in volto per la gioia.
JOHN: Sì! Sì!
Lo Zio si avvicina a John, gli prende il cellulare e legge.
ZIO: Fa leggere! “È stato bello il tempo passato insieme, mi manchi, voglio riabbracciarti presto”.
JOHN: Sì!
ZIO: Ma chi è?
JOHN: La mia ex, quella con cui mi sono quasi sposato.
ZIO: Ce l’ha un’amica?
JOHN: Ma quale amica, zio non capisci, allora non è stato tutto inutile, qualcuno si ricorda di me, non voglio più morire, voglio vivere, adesso tornerò a casa, ristabilirò una relazione seria, ci sposeremo e chi se ne frega di Ninive, che siano contenti pure loro.
7 Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si seccò.
Trillo di notifica del cellulare.
JOHN: Chi è?
ZIO: La tua ex.
JOHN: Che dice?
ZIO: Ma niente, che dice…
JOHN: No dai, leggi leggi.
ZIO: Ma… pfh, che vuoi che dica…
JOHN: Zio, leggi il messaggio!
ZIO: Leggo il…
JOHN: Il messaggio!
ZIO: “È stato bello il tempo passato insieme, mi manchi, voglio riabbracciarti presto”.
JOHN: L’altro.
Lo Zio guarda John supplicante. John con faccia dura annuisce e gli fa cenno di proseguire. Lo Zio deglutisce vistosamente e legge.
ZIO: “Scusa, ho sbagliato numero, ti cancello dalla rubrica”. Che cara ragazza.
8 Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere».
JOHN: Voglio morire.
John sistema il cappio e lo allarga per farci passare la testa.
ZIO: Su, ci sarà pure qualcosa che vale la pena di vivere?
John guarda disilluso lo Zio.
ZIO: Non lo so, il lavoro… no, il lavoro no, l’amore.
John piange.
ZIO: Nono, non volevo dire l’amore, gli amici, no gli amici no. Ah trovato! (indica sé stesso) La famiglia!
John guarda lo Zio qualche istante, poi infila la testa nel cappio e stringe sul collo.
9 Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!».
Lo Zio scuote la testa, poi guarda la rivista che ha in mano.
ZIO: Sai quante storie finiscono? Se ogni volta uno s’ammazza i vippi avrebbero tutti finiti morti. Toh, guarda questo: hanno trovato la moglie colle zizze di fuori, parla che prendeva il sole, sì a casa di un amico.
JOHN: Infatti mi ammazzo io, mica ammazzo lei.
10 Ma il Signore gli rispose: «Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita:
11 e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».
ZIO: Ti vuoi accidere per un messaggino, non era neanche rivolto a te.
JOHN: Grazie per la precisazione. Comunque quel messaggino mi dava speranza.
ZIO: Vale proprio poco la tua speranza
JOHN: No vale molto, ma al mio bene chi ci pensa?
ZIO: Non tutto il bene è per te. Ti vuoi ammattire se questo è giusto o non è giusto? Fai pure. Io sono vecchio, c’ho l’artrosi, la sciatica, la cataratta, l’osteoporosi, l’alzheimer, la cardiopatia, il diabete, le rughe, l’alluce valvo, tu di che ti lamenti? Di un messaggio sbagliato? Ti vuoi ammazzare per questo? A zio trovati qualcosa di più serio trovati per essere disperato, tanto vale che ti disperi perché il sole picchia e non c’è neanche un po’ d’ombra.
JOHN: No, zio aspetta, non t’arrabbiare hai il cuore debole.
ZIO: E che aspetto, io di tempo ne ho poco, tu sprecalo pure come vuoi il tuo.
JOHNÈ che la mia vita è un fallimento
ZIO: Un fallimento? Non direi, potevi lasciare i Niniviti a loro stessi e non lo sei fatto, anzi, li sei salvati
Squillo di cellulare.
Lo Zio risponde al cellulare.
ZIO: Pronto?
Lo Zio porge il cellulare a John.
ZIOÈ per te.
John prende il cellulare con aria scocciata.
JOHN: Grazie! (parla al cellulare) Pronto? Ciao Fede. Do… dove sono? Sono appena fuori città. Ah, anche tu? Sì, non ti sento più.
Federica entra in scena alle spalle di John, cammina all’indietro chinata in avanti per parlare al cellulare, con una mano si copre l’orecchio libero.
JOHN: Pronto Federica?
FEDERICA: Pronto John?
JOHN: Mi senti?
FEDERICA: John non sento niente.
John si allontana chinato dalla parte opposta di Federica, lo Zio rimane al centro e guarda la scena smarrito e poi scuote la testa. Lo Zio indica a John che Federica è dietro di lui. John si gira.
FEDERICA: John? John non sento niente, dove sei?
John picchietta sulla schiena di Federica. Lei si gira di colpo alzandosi, guarda John e sorride.
FEDERICA: John, sei qui.
JOHN: Ancora in questa valle di lacrime.
FEDERICA: Finalmente ti ho trovato.
JOHN: Perché mi cercavi?
FEDERICA: Perché… perché è una buona domanda.
JOHN: Sì, e la risposta?
FEDERICA: Eheh, é buona anche quella, eheh.
JOHN: E… qual è?
FEDERICAÈ che…
JOHN: Aspetta, non me lo dire. Questioni di lavoro!?
FEDERICA: Sì! Bravo! Esatto! Proprio quello. Il…
JOHN: Il capo!?
FEDERICA: Il capo, proprio lui!
JOHN: Ha chiesto di me!?
FEDERICA: Ha chiesto di te!
JOHN: E mi rivuole a lavoro!?
FEDERICA: Sì, vuole che torni a lavoro!
JOHN: Davvero?
FEDERICA: (aria sconsolata) No…
JOHN: Come no?
FEDERICA: No, mi dispiace John.
JOHN: Ma…
FEDERICA: Sembravi così contento…
JOHN: Allora cosa sei venuta a fare?
FEDERICA: Ero preoccupata, non riuscivo a mettermi in contatto con te e ho pensato che volessi fare una sciocchezza, ma non sei il tipo.
John e lo zio si guardano.
JOHN: Ehm… No, infatti.
FEDERICA: Bella comunque la tua nuova cravatta, cos’é la moda locale?
JOHN: Sì, fa pendant con i vestiti di sacco…
FEDERICA: Uh uh. E adesso che si fa?
John si siede e buffa.
JOHN: Non lo so. Io quello che dovevo fare l’ho fatto. E non è servito a niente. Adesso sono stanco da morire…
ZIO: Conoscevo uno che diceva sempre così.
Lo Zio annuisce, John e Fede lo guardano incuriositi.
ZIO: Poi è morto.
John e Federica guardano sbalorditi lo Zio.
JOHN: Zio ma che c’entra?
ZIO: Boh, non ricordo più di che eravamo parlati.
FEDERICA: Di che stavate parlando? Spero di non aver interrotto una discussione importante, quelle cose esistenziali tipo padre-figlio, beh, zio-nipote in questo caso.
JOHN: No no, stavamo parlando del… la… i… cosi… Vabbè, niente di importante.
John si alza.
JOHN: Ci andiamo a mangiare una pizza?
FEDERICA: (entusiasta) Sssììì!
JOHN: Ehm, zio offri tu che io sono un po` al verde?
Si allontanano di spalle, John al centro ha le mani sulle spalle di Federica e dello Zio.
JOHN: Zio
ZIO: Sì Gionne?
JOHN: Com’è quella storia dell’ombrello?
FEDERICA: C’è una storia di ombrelli? Io adoro gli ombrelli.
ZIO: Eravamo io e chisso ombrello.
JOHN: Proprio quello zio?
ZIO: Popio chisso Gionne.
JOHN: Vabbè…
Brano di chiusura. (2’)
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